Corriere 5.9.17
La peggiore delle droghe
di Alessandra Coppola
Non
c’è droga peggiore. Cherosene, polvere di vetro, veleno per topi,
mescolati al residuo duro della cocaina. Scarto degli scarti, si fuma e
brucia in un attimo. Il fotografo italiano Valerio Bispuri l’ha vista
cucinare, racconta, in un giorno di derby allo stadio perché i capi
narcos fossero distratti, nel sottoscala di una baraccopoli argentina.
Non sa esattamente dove, c’è arrivato bendato, è rimasto fino al
tramonto a osservare «cuochi» mascherati, la gola che bruciava: «Quegli
scatti soffocati dal fumo e dalla paura sono stati la fine del mio
lavoro sul paco. Proprio dove il paco inizia».
Pasta base di
cocaina, fino a quindici anni fa si buttava, con la crisi economica a
Buenos Aires è diventata il principio attivo di uno stupefacente a
bassissimo costo e altissima violenza che sta consumando una generazione
latinoamericana. Una merce scientificamente studiata per arrivare al
cervello di chi non può permettersi la polvere raffinata. Nelle villas
miserias argentine, poi nelle favelas brasiliane, quindi in Paraguay, in
Perù, fino alla costa caraibica della Colombia. Tra i più poveri e
rassegnati, ma ora anche tra i giovani della classe media. Una scossa,
«pochi secondi in cui si dimentica tutto e si inizia a morire». Dopo la
prima dose da 50 pesos (circa due euro) è necessaria immediatamente
un’altra, e di nuovo un’altra, e ancora. «Ragazzini tra i dieci e i
ventidue anni si muovono come lupi tra i vicoli, la pelle consumata, lo
sguardo fisso nel buio». Bispuri li ha seguiti: 14 anni di lavoro
attraverso il Continente che confluiscono adesso nel libro Paco. A drug
story (Contrasto). La scelta di un impegno così lungo corrisponde a una
poetica precisa: «Credo che la fotografia abbia bisogno sempre di più
del tempo per arrivare a quell’equilibrio magico tra emozione e realtà».
Ma
anche all’esigenza di raggiungere angoli intimi e bui. Spacciatori,
vittime, le loro famiglie, le comunità. Maria che a Lomas de Zamora
assiste all’agonia del figlio Ezequiel. Josè e Kaio che nei vicoli di
Salvador de Bahia desiderano soltanto fumare. Il pastore Daniele Baldi
che a Buenos Aires contende gli adolescenti al paco. Un mondo
sotterraneo che illumina la superficie. «Paco cerca di essere non solo
un lavoro di denuncia sociale su una terribile droga, ma anche
un’esplorazione antropologica e sociologica di una realtà sudamericana».