Corriere 3.9.17
D’Alema scettico sulla scelta di Fava
L’ipotesi di virare sul governatore
di Maria Teresa Meli
A breve un incontro Mdp-Pisapia
ROMA
«Claudio Fava non è il mio candidato...lo hanno voluto i
siciliani...non è proprio una mia scelta»: parla così Massimo D’Alema,
interpellato da collaboratori e amici.
Il leader scissionista
sembra prendere le distanze dalla candidatura di Fava, anche se in
pubblico si guarda bene dal dire qualcosa. La verità è che la
candidatura di Fava oltre a non convincere gli uomini di Giuliano
Pisapia, che ormai, alle regionali siciliane sembrano puntare a entrare
nella lista civica di Leoluca Orlando, non persuade nemmeno gli
esponenti di Mdp.
Beccarsi l’accusa di aver favorito la vittoria
del centrodestra nell’isola in nome di un candidato che non viene
ritenuto forte, potrebbe essere un boomerang per gli scissionisti del
Pd. Perciò c’è chi vorrebbe tentare un’altra operazione, ben più
insidiosa per il Partito democratico, cioè quella di appoggiare
Crocetta.
Mdp si appresta già alla campagna elettorale, ben
sapendo che dal Nazareno verrà agitato contro il movimento il tema del
voto utile. Al quale l’ex premier D’Alema replica con queste parole:
«L’unica salvezza per il Partito democratico siamo noi. Se siamo forti
il Pd cambierà, l’ho detto a Cuperlo che noi lo facciamo anche per lui».
Ma
D’Alema, da politico di lungo corso quale è, sa bene che questo suo
ragionamento non basterà a stoppare la campagna sul voto utile. Perciò
gli scissionisti studiano mosse e contromosse.
La Sicilia
rappresenta una prima tappa della rincorsa di Mdp verso le elezioni
politiche. Che diventano tanto più delicate dal momento che Pisapia (il
quale torna oggi dalle sue vacanze) sembra prendere le distanze dai toni
e dalle scelte degli scissionisti. Il clima quindi non è dei migliori.
«In Sicilia — accusa Marco Furfaro, uno degli uomini dell’ex sindaco di
Milano — hanno preso una decisione unilaterale: non si costruisce così
un progetto». Ma Mdp sa che andare alle elezioni senza Pisapia sarebbe
come andarci senza un leader (a meno di non affidarsi nuovamente ai
«vecchi», come D’Alema e Bersani). Perciò si sta cercando il
riavvicinamento: è in programma a breve un incontro con l’ex sindaco,
come ha annunciato Bersani. Un altro tassello della campagna elettorale
di Mdp consiste nel tentativo di cercare di stringere un patto non
scritto di non belligeranza con i grillini. Anche per questo motivo
Bersani l’altro giorno è andato alla festa del Fatto (e, per la verità è
anche stato un po’ contestato da quella platea). E D’Alema, per non
essere da meno dell’ex segretario del Pd, ha fatto subito sapere di
essere stato invitato anche lui a quella festa, ma che aveva dovuto
rifiutare per un «precedente impegno». Insomma, per Mdp meglio il
dialogo con i «Cinque stelle» che con Matteo Renzi.
Ma è l’ultimo
tassello della campagna elettorale il più importante: non votare la
legge di Bilancio, rompendo con Paolo Gentiloni e obbligando il governo a
chiedere i voti a Forza Italia per poi fare campagna elettorale
gridando all’inciucio e neutralizzando così la polemica sul voto utile.
L’idea è del vero stratega di Mdp, D’Alema, ma lui in pubblico non la
racconta così. È Enrico Rossi a essere più esplicito anche
ufficialmente: «Dobbiamo far sul serio e se è il caso, rompere».