Corriere 3.9.17
Fare giustizia, per le donne e per battere la xenofobia
di Fiorenza Sarzanini
L
a decisione dei due giovani fratelli di consegnarsi ai carabinieri per
confessare gli stupri della ragazza polacca e della trans peruviana
avvenuti a Rimini la notte tra il 25 e il 26 agosto, è una buona
notizia. Le indagini diranno se i colpevoli sono davvero loro,
ricostrui-ranno che cosa è accaduto quella terribile notte,
individueranno eventuali altre responsabilità. Ma intanto si intravede
la possibilità di rispondere alle istanze delle vittime che da giorni
invocano giustizia. Le altre aggressioni compiute in questi giorni in
varie parti d’Italia hanno fatto riemergere la gravità di un problema
troppo spesso sottovalutato, che invece è una vera e propria piaga.
Perché — lo abbiamo già evidenziato — in Italia solo il 7 per cento
delle violenze sessuali viene denunciato. E questo dato, se la
percentuale fosse più alta la realtà non sarebbe diversa, dimostra che
la maggior parte degli episodi avviene in famiglia o comunque nella
cerchia di amici e conoscenti. Le donne hanno paura a dirlo, spesso si
vergognano. Oppure temono le conseguenze. Dunque preferiscono tacere e
molto spesso continuare a subire. Accade alle italiane, accade in
maniera ancora più grave alle straniere, spaventate all’idea di finire
loro stesse sotto accusa in un Paese che non è la propria patria. E
invece è importante far sentire tutte le donne al sicuro, far sapere
loro che se decideranno di ribellarsi al proprio aguzzino troveranno
ascolto e aiuto. A maggior ragione se si tratta del marito, del
fidanzato, dell’amico di famiglia. Nelle ultime ore il governo è tornato
ad annunciare interventi con il sottosegretario Maria Elena Boschi che
ha parlato ancora una volta di «un piano e di 60 milioni già stanziati».
In realtà sembra l’ennesima promessa visto che i finanziamenti sono
fermi da tempo e molti centri antiviolenza sono stati costretti a
chiudere mentre altri non riescono a funzionare al meglio proprio perché
non hanno soldi e strutture adeguate. Per combattere questo orrore
bisogna avere il coraggio di uscire allo scoperto, di denunciare per
tornare a essere libere. Ma bisogna anche non aver paura di segnalare
che un’alta percentuale di arrestati è straniera, proviene da Paesi dove
la cultura impone alla donna di essere sottomessa al maschio. E anche
su questo bisogna intervenire con una campagna di informazione che
coinvolga i migranti, gli operatori che hanno a che fare con chi arriva
nel nostro Paese, i leader delle comunità. È la strada che serve anche a
battere il razzismo, la xenofobia, il populismo di chi vorrebbe
criminalizzare gli stranieri per essere poi giustificato quando dice che
«bisogna cacciarli tutti».