Corriere 28.9.17
Diritto all’aborto e basta violenza: le manifestazioni in tutta Italia
di Giusi Fasano
Oggi
è la Giornata internazionale per l’aborto libero, sicuro e gratuito.
Aborto, una parola in nome della quale si sono combattute battaglie
politiche, si sono vissuti drammi, si sono coniati slogan. Parola che
ancora oggi porta con sé problemi irrisolti se è necessario chiamare le
donne all’adunata di piazza per difendere un diritto che dovrebbe essere
ormai non soltanto acquisito ma anche garantito nella sua applicazione.
E invece l’ultima relazione del ministero della Salute dice che a
livello nazionale l’obiezione di coscienza fra i ginecologi è del 70,7%,
con punte del 90% in alcune regioni. Partono da questi dati gli appelli
a scendere in piazza previsti per oggi dalla Cgil e dalla Rete Non Una
di Meno. Due iniziative identiche ma separate che rimettono in circolo
la protesta contro «il rischio che viene dall’alto tasso di obiezione di
coscienza» (Non Una di Meno) o per «il diritto a vedere applicata una
legge dello Stato di fatto svuotata dalla troppa obiezione» (Cgil). Non
Una di Meno rivendica «il diritto alla salute sessuale e riproduttiva»
con un comunicato che invita a scendere «in piazza per l’aborto» e che
si pone la questione: «Ancora?». L’argomento è «inserito nel contesto
più ampio della libertà da ogni forma di violenza di genere». Sul banco
degli accusati «anche la narrazione mediatica per cui il carabiniere che
stupra è una mela marcia mentre lo straniero che stupra è il classico
esempio della sua categoria». Lo schema si ripete anche per gli
organizzatori della Cgil che annunciano, presidi, flash mob,
volantinaggio e assemblee su aborto e «libertà di scelta e di
autodeterminazione delle donne». Ma la violenza domestica nel loro caso
diventa tema per un giorno di protesta diverso, sabato 30 settembre. In
quell’occasione, con lo slogan «Riprendiamoci la libertà», è il
segretario generale della Cgil Susanna Camusso a «invitare tutte le
donne a scendere nelle piazze italiane contro la violenza e la narrativa
con cui stupri e omicidi diventano un processo alle vittime». A tutto
questo si lega l’appello online «avete tolto il senso delle parole» per
chiedere agli uomini, alla politica, ai media, alla magistratura e alla
scuola «un cambio di rotta nei comportamenti, nel linguaggio, nella
cultura». Segue un lungo elenco di firme: nomi noti di diversi settori,
dalla cultura alla politica, dalla letteratura allo spettacolo. Tutte
donne.