Corriere 27.9.17
La mafia al nord e la società civile che arretra
di Luigi Ferrarella
Adesso
è facile ironizzare sul sindaco che evocava le forbici per gli
stupratori ma non tagliava i ponti col costruttore amico degli
‘ndranghetisti, e arringava a non dare soldi ai mendicanti ma dava soldi
(sotto forma di via libera a un supermercato) a chi gli promettesse
voti. Se l’altro ieri in Calabria il «soldato» di un clan accende l’auto
e salta in aria senza che l’autobomba arrivi nei Tg, e invece ieri
destano stupore gli arresti al Comune di Seregno, è per malriposta
meraviglia: ohibò, la ricca Brianza come la depressa Locride? Meraviglia
ridicola quanto l’opposto luogo comune di una onnipotente ‘ndrangheta,
che invece — alla lente di 8 anni non di indagini ma ormai di condanne —
appare più prosaicamente una piattaforma che offre servizi per i quali
c’è forte domanda da imprenditoria e politica del Nord. È come se
un’amnesia collettiva continuasse a rimuovere la mafiosità dell’ex
direttore sanitario dell’Asl di Pavia, il voto di scambio dell’ex
assessore regionale alla Casa, la fine dell’asfaltatore di mezza
Lombardia, il testacoda di due giudici calabresi che a parole
sequestravano beni ai clan e in realtà li tutelavano, lo spedizioniere
olandese Tnt ignaro che a consegnare i propri pacchi fossero i
furgoncini dei clan, il monopolio dei «baracchini» dei panini davanti
alle università, il quasi sbarco nel catering dello stadio, il subentro
nelle farmacie, le coop dei boss che montavano gli stand della Fiera e
allestivano i supermercati Lidl e fornivano i vigilantes al Tribunale.
Nel Nord della borghesia (ex) illuminata, non è la ‘ndrangheta a
«infiltrarsi» e avanzare. È la società civile ad arretrare.