Corriere 18.9.17
Quei malaccorti sfidanti a sinistra
di Claudio Magris
«S
fidiamo il Pd», leggo sui giornali. Sarebbe logico che a lanciare
questo guanto fosse un avversario — Salvini, Berlusconi o Di Maio, che
legittimamente vogliono abbattere il governo di centrosinistra e
legittimamente cercano di indebolirlo e prenderne il posto alla guida
del Paese.
M a a proclamare quella baldanzosa sfida è Giuliano
Pisapia, già valente sindaco di Milano vittorioso contro la destra e che
ora, senza accorgersene e senza volerlo, oggettivamente aiuta la destra
ad andare al governo, cercando di sgretolare l’unica forza politica che
può impedirlo ovvero il Pd. Non è certo il solo in questa febbre di
autogol. Se chi parla così si fosse convertito al verbo della destra,
non ci sarebbe nulla da ridire; è legittimo cambiare idea. Ma non è il
caso di Pisapia né degli altri che, come lui, illudendosi di lavorare
per la vittoria di una sinistra non sembrano consapevoli di renderla
sempre più improbabile. Anche nei partiti di destra ci sono vistosi
contrasti, inimicizie, diversità di opinioni e di progetti su come
governare l’Italia, ma il fronte resta sostanzialmente solidale,
organicamente coerente con la sua battaglia. La destra vuole battere la
sinistra ossia in primo luogo l’unica sua formazione politica che possa
governare. Simpatie, antipatie, aspre differenze, tensioni al suo
interno non minano la sua forza d’urto. A sinistra i litigi, i
risentimenti, le critiche e autocritiche, i generosi ma inconsistenti
vagheggiamenti di una sinistra migliore e più avanzata provocano
scissioni, contraddizioni che sbriciolano giorno per giorno l’unico
possibile partito di governo della sinistra. Un’adolescenziale smania di
discutere sfilaccia la lotta concreta. Sagunto cade e a Roma si
discute, in una libido loquendi che è stata quasi sempre perdente.
Nessuno sogna un partito totalitario retto da un pugno di ferro che
reprime le discussioni e le critiche, ma un’ossatura friabile al primo
diverbio ti impedisce di vincere e di governare. In una forza politica
vigorosa i contrasti permangono e sono pure fecondi, ma si compongono
nell’unità di una comune battaglia per fini che sono sentiti superiori
alle diversità di opinioni e di tendenze. Chi, come me, vorrebbe un
governo di centrosinistra e uno stile di governo come quello di
Gentiloni è allibito dinanzi a questo disfattismo oggettivo. Le varie
ragioni dei gruppi centrifughi possono essere in molti casi valide, ma
la dispersione è obiettivamente alleata dell’avversario. In tanti casi
può esser necessario votare non, come ovviamente ognuno di noi vorrebbe,
per un partito ideale, ma per il male minore. Oltre un certo limite, la
rabbia anche soggettivamente nobile diventa autolesionismo, come nella
vecchia e abusata barzelletta del marito che si evira per fare dispetto
alla moglie.