Corriere 15.9.17
Perché l’assassino di Noemi non è stato fermato
di Andrea Pasqualetto
Ha
rischiato di essere linciato l’assassino 17enne di Noemi Durini (16),
che ha salutato e sorriso alla folla di un migliaio di persone davanti
alla caserma di Specchia, nel Salento. Ci si chiede perché un giovane
tanto violento non sia stato fermato in tempo. Ma gli inquirenti: «Di
denunce così ne arrivano a decine».
LECCE I lividi sul
volto, le fughe da casa, i problemi a scuola. Mamma Imma era molto
preoccupata per Noemi e per la tormentata relazione con quel ragazzo che
considerava la causa prima dei suoi mali. «È violento, sbandato e
pericoloso, fate qualcosa per favore».
A maggio dai carabinieri
Era
lo scorso maggio quando bussò alla porta del comandante dei carabinieri
di Specchia, Giuseppe Borrello, chiedendo che venisse allontanato da
Noemi.
Lo fece formalmente, presentando una denuncia contro di lui
e in qualche modo anche un po’ contro Noemi, visto che lei continuava a
frequentarlo, prigioniera forse di un vortice dal quale non usciva. «E
non stupitevi se siamo ancora qua, abbiamo detto per sempre e per sempre
sarà», scriveva il 12 agosto per festeggiare il primo anno di
fidanzamento. Contro tutto e contro tutti. Nonostante le botte, le
furiose litigate e i tre Tso (trattamento sanitario obbligatorio) a cui è
stato sottoposto il diciassettenne di Alessano negli ultimi sei mesi.
La madre aveva però capito che Noemi era entrata in un tunnel pericoloso
e con lei l’aveva capito anche la sorella di Noemi, Benedetta, entrambe
unite nella condanna del ragazzo.
A luglio nel Tribunale dei minori
Oltre
alla denuncia finita alla procura per i minorenni di Lecce, Imma Rizzo
aveva chiesto anche l’intervento dei servizi sociali perché sentiva che
la situazione poteva sfuggire al suo controllo. Il primo luglio è stata
convocata da un assistente del Tribunale dei minori. «Se è un problema,
se può essere d’aiuto a mia figlia, intervenite anche su di lei», aveva
implorato quel giorno. E il tribunale ha chiesto al Comune di Specchia
una relazione sulla situazione familiare di Noemi. «Sulla base di questo
documento e di valutazioni autonome dei magistrati, il Tribunale ha
emesso un provvedimento di presa in carico della ragazza da parte dei
servizi sociali», ha spiegato il sindaco di Specchia, Rocco Pagliara.
Il
provvedimento sarebbe però giunto sul tavolo degli operatori sociali
solo il 6 settembre. Troppo tardi. Noemi era già stata uccisa e sepolta
sotto un cumulo di pietre nelle campagne di Castrignano del Capo.
«Di segnalazioni così ne arrivano decine»
Le
domande sono naturalmente quelle: perché si è perso tanto tempo? Perché
non si è fatto nulla per bloccare un giovane violento? Gli inquirenti
rispondono in modo univoco: «Perché dalla denuncia non emergeva una
situazione gravissima. Alla ragazza erano stati dati pochi giorni di
prognosi per lesioni da schiaffeggiamento: di denunce come quella ne
arrivano a decine». E i Tso? E il fatto che il ragazzo scorrazzasse in
macchina senza patente? «Sui trattamenti stavamo facendo delle
verifiche», rispondono alla Procura per i minorenni. «Quanto alla
patente, se solo l’avessimo scoperto una volta…», conclude amaro il
comandante dei carabinieri.
Dietro alla tragedia emerge un
ambiente di forte degrado. Due famiglie che si odiavano: quella di lei e
quella di lui, entrambi a rifiutare ferocemente i fidanzati dei loro
figli. Dopo la denuncia della madre di Noemi è stata la volta dei
genitori di lui, che hanno puntato il dito sulla ragazza presentando una
controdenuncia. La madre del giovane ha caricato le parole con la
polvere da sparo: «È stata lei a farlo diventare un mostro, hanno
mandato gente da Taviano per ucciderlo». Senza pietà.
«Follie», ha
tagliato corto l’avvocato che assiste la famiglia di Noemi, Mario
Blandolino. Con lui, mamma Imma ha indagato per prima sulla scomparsa
della figlia. Sapeva che era sparita fra le 2 e le 7 del mattino del 3
settembre. Ha cercato una telecamera nella zona, l’ha trovata, ha
visionato il filmato e ha scoperto che Noemi era uscita alle cinque di
notte per incontrare il suo fid