Corriere 15.9.17
Boeri: surreale cambiare le pensioni
intervista di Federico Fubini
«Sui
vitalizi i politici sono stati poco trasparenti» dice al Corriere il
presidente dell’Inps, Tito Boeri. «Bene gli sgravi per i neoassunti»
mentre è «surreale cambiare le pensioni». Per gestire «l’Ape sociale
devo impiegare 225 funzionari» .
Tito Boeri, presidente Inps, non vede nella sua carica un mandato a esercitare l’ipocrisia sui problemi italiani.
Presidente, si parla di sgravi contributivi ai giovani neoassunti. Che ne pensa?
«Sono
efficaci se sono significativi e visibili. E se vengono percepiti come
duraturi, strutturali. I tagli limitati o troppo complessi alla fine
sprecano risorse».
Dunque condivide l’impostazione del governo?
«Mi
pare corretto utilizzare tutte le risorse disponibili su questo fronte.
In Italia abbiamo il problema del mercato del lavoro, in particolare
dei giovani; dovremmo portare lì anche gli altri interventi. Se ad
esempio vogliamo spingere le imprese a fare più investimenti sulle
tecnologie di Industria 4.0, e abbiamo una dote per farlo, la potremmo
usare all’interno del pacchetto lavoro».
Come pensa di riuscirci?
«Troviamo
un modo in cui le due misure, sgravi ai giovani e incentivi agli
investimenti in tecnologie, si parlino: le imprese che investono in
formazione, per esempio, possono aver diritto a una decontribuzione più
forte. È un modo di promuovere la complementarietà fra lavoro e
capitale, anziché spingere le imprese a sostituire il lavoro con i
robot».
In Italia salari e stipendi sono legati all’anzianità e il
costo del lavoro dei giovani è crollato con la crisi. Cambierà qualcosa
riducendolo ancora?
«Se si riesce a unire la decontribuzione sui
giovani neo-assunti al piano per rafforzare la competitività in impresa,
ciò non può che incoraggiare la formazione e la produttività. Questo a
sua volta renderà i salari, in prospettiva, meno rigidamente legati
all’anzianità e più basati sulla produttività dei singoli».
Dunque il passo successivo quale dovrebbe essere?
«Una riforma della contrattazione».
Come seconda gamba del Jobs Act?
«È
assolutamente necessario. E una revisione dei meccanismi della
rappresentanza. Non solo dei sindacati, anche dei datori di lavoro».
Quale è l’obiettivo di questa secondo gamba del Jobs Act?
«Abbiamo
dei giovani molto qualificati che hanno potenzialmente un mercato
internazionale e in Italia sono pagati molto meno che altrove. Di qui la
fuga all’estero. Dovremmo permettere che la contrattazione valorizzi
queste competenze e riduca il mismatch: abbiamo il record dei lavoratori
sbagliati al posto sbagliato».
Invece si punta alle pensioni di garanzia per chi ha il contributivo e a ridurre i requisiti per le donne.
«Un
dibattito surreale. E lo è proprio perché parte dalla presa d’atto che
ci sono aree di enorme difficoltà sul mercato del lavoro per i giovani e
per le donne. I problemi pensionistici nascono da qui. È una questione
che si riverbera sulle pensioni future, certo, ma va affrontata oggi
facilitando l’accesso al lavoro di questi giovani e delle donne. Bene
che la legge di bilancio si impegni su questo obiettivo. Non per
cambiare le regole pensionistiche».
L’Ape sociale rivista costerà molto?
«Per
l’Inps, il costo amministrativo di gestire questo strumento è pari al
lavoro a tempo pieno per un anno di 225 funzionari con laurea
magistrale».
E per il sistema?
«L’impatto del breve periodo è
limitato, ma possono esserci effetti molto importanti a lungo andare.
Noi all’Inps ci siamo impegnati a dare alla politica economica
informazioni su ciò che accade al cosiddetto debito implicito, ossia
agli impegni previdenziali assunti dal sistema. Abbiamo trasmesso al
governo le stime del debito implicito nei vari scenari. E faremo lo
stesso con il parlamento, se queste opzioni entreranno nella Legge di
bilancio».
Di che cifre si tratta?
«Siamo vincolati alla riservatezza».
Vede aumenti del debito implicito?
«Ci sono effetti importanti».
Teme che, pezzo a pezzo, si smonti la riforma Fornero?
«Mi
preoccupa che continui ad aumentare il debito implicito, perché lo
stiamo lasciando alle generazioni future. Se poi facessimo operazioni
come quelle del mancato adeguamento dell’età di pensionamento alla
speranza di vita, dopo aver venduto a tutti che abbiamo un sistema delle
pensioni stabile... Aumenterebbe il premio al rischio Italia e ci
toglierebbe risorse per politiche per lo sviluppo, anche perché le
banche sono imbottite di nostri titoli pubblici».
Davvero si possono finanziare politiche sociali rivedendo i vitalizi?
«Fra parlamentari e consiglieri regionali, si possono trovare 150 milioni».
Da dove partirebbe?
«Dalla
trasparenza: trovo davvero grave che il Parlamento non abbia reso
pubbliche le cifre sui contributi versati dai diversi parlamentari. Solo
le Camere le hanno e non vengono date neanche all’Inps. Volessimo fare
ricalcoli precisi sui contributi versati, non potremmo».
Ma li avete chiesti quei dati?
«Sì,
attraverso il ministero del Lavoro. Addirittura ci veniva chiesto di
fare valutazioni tecniche di proposte di ricalcolo dei vitalizi, come
quella di Matteo Richetti (Pd, ndr), senza fornirci i dati per farlo. È
grave perché impedisce all’opinione pubblica di capire se certe
posizioni dei parlamentari sono dettate da interesse personale».
Che intende dire?
«Alcuni
parlamentari dicono: ‘Sono contrario al taglio dei vitalizi, anche se
non mi riguarda’. Bene, vogliamo capire se è vero? Se non ci fornite i
dati non possiamo saperlo. Inoltre moltissimi di questi percettori di
vitalizi ricevono anche una pensione Inps importante».
Probabilmente viene dal lavoro svolto in altri momenti, no?
«Be’,
in moltissimi casi negli stessi anni in cui quelle persone sedevano in
un’assemblea elettiva, l’Inps accreditava per loro gli oneri
contributivi figurativi per un’altra attività di lavoro. Quindi alcuni
di loro godono di trattamenti molto importanti. Non sempre è vero che
tagliando i vitalizi si lasciano le persone senza pensione. Spesso non è
così».
Sulle pensioni di invalidità, la salute varia con la regione. La Calabria è nociva, il Veneto no... da certificati Inps.
«Oggi
servono quattro visite per il riconoscimento dell’invalidità: medico di
base, Azienda sanitaria locale, medico Inps, e in alcuni casi la visita
specialistica. È un processo traumatico per chi ha un’invalidità.
Grazie ad una convenzione è però possibile accentrare tutto all’Inps.
L’obiettivo è alleggerire il peso per le famiglie, ridurre i tempi e
avere valutazioni più uniformi. Siamo pronti a sottoscrivere il patto
con tutte le regioni. Partendo dalle disabilità dei minori, sui cui
abbiamo già un protocollo sperimentale con i maggiori ospedali
pediatrici: Gaslini, Meyer, Bambino Gesù».
Da questo mese l’Inps fa le visite mediche per malattia degli statali. Come sta andando?
«In dieci giorni abbiamo fatto 5 mila visite. In molti casi abbiamo riscontrato idoneità al lavoro».
L’Italia oggi vede nette revisioni al rialzo delle stime di crescita. Quanto è strutturale questa ripresa?
«È
bello rivedere tassi di crescita all’1,5% dopo anni. Ma non
dimentichiamo che siamo sotto la media Ue di mezzo punto, anche se prima
lo eravamo di uno. L’economia italiana resta nettamente sotto ai suoi
livelli del 2008, mentre l’Europa è nettamente sopra».
Siamo di circa il 6% sotto, l’Europa in media di sei sopra.
«C’è
un ritardo di 12 punti che si è accumulato, quindi un rimbalzo doveva
arrivare. Ora la situazione bancaria è rasserenata, le imprese hanno
molta più liquidità grazie a questo e alla Banca centrale europea. C’è
stata una ripresa degli investimenti e l’aumento dei contratti stabili
sostiene i consumi. Poi si fanno sentire il turismo e altri fattori.
Questo ci dice che la parte strutturale della ripresa è limitata e che i
rischi di deragliamento sono sempre presenti. Evitiamo i messaggi
sbagliati».
Quali sono i messaggi sbagliati?
«Delle pensioni le ho già detto».