Corriere 15.9.17
La moglie di Pepe Mujica nuova vicepresidente
Lucía che voleva cambiare il mondo
Ora l’ex guerrigliera trascina l’Uruguay
di Sara Gandolfi
L’ufficio
di Lucía Topolansky al Senato di Montevideo è austero, privo di
fronzoli e dei classici simboli del potere. Ci sono, però, i ritratti di
quattro uomini: l’eroe dell’indipendenza uruguaiana José Artigas, il
maestro del tango Carlos Gardel, Che Guevara e una foto del marito, l’ex
presidente José «Pepe» Mujica, vestito da guerrigliero, ai tempi della
lotta clandestina dei tupamaros.
L’America latina è abituata al
potere che si tramanda da marito a moglie. È successo nell’Argentina di
Isabelita Perón e di Cristina Kirchner, succede nel Nicaragua degli
Ortega, oggi capi di Stato in accoppiata. Ma Lucía, 73 anni di cui 17 in
Parlamento, è diversa dalle altre «primeras damas» baciate dalla
politica. Lei è «la Tronca», come l’hanno soprannominata i colleghi, una
«dura» con alle spalle anni di lotta armata, carcere duro, torture e,
infine, sfide democratiche. Da mercoledì scorso è anche vicepresidente,
la prima donna a coprire l’incarico in Uruguay, e da domani occuperà per
qualche giorno idealmente anche la poltrona che fu di suo marito fino
al 2015, come sostituta del presidente Tabaré Vázquez, in viaggio negli
Stati Uniti.
Un’ascesa improvvisa che esula dagli «affari di
famiglia». L’ex vicepresidente Raúl Sendic si è dimesso per uno
squallido scandalo di rimborsi spese: l’incarico, per legge, si
trasferisce al senatore più votato, ossia l’inossidabile José Mujica,
che però essendo un ex presidente non poteva accettare. Così è entrata
in scena Topolansky, moglie e secondo senatore più popolare. Oltre che,
si dice a Montevideo, probabile futuro capo di Stato.
Lucía e Pepe
non potevano nascere più diversi. Lui in un quartiere operaio di
Montevideo, orfano di padre a sette anni; lei figlia di un ricco
ingegnere e imprenditore edile, educata dalle suore domenicane. Mujica è
già il «comandante Facundo», leader del Movimiento de Liberación
Nacional Tupamaros, quando la giovane Topolansky decide di abbracciare
la causa di quella guerriglia marxista, ispirata dalla Rivoluzione
cubana, che non esita a spargere il sangue dei nemici. «Era una
congiuntura diversa, la storia non può essere sempre sottoposta a
revisione», taglia corto oggi la senatrice, mai «pentita», nome di
battaglia «Ana».
Lucía e Pepe si incontrano, si amano per qualche
mese, poi finiscono entrambi in carcere. Riescono ad evadere (lei
passando dalle fogne cittadine) ma vengono ricatturati, alla vigilia del
golpe militare del 1973. E non escono più, per tredici anni rinchiusi
in condizioni estreme, vittime di abusi, torture, vessazioni. Comunque
meno peggio di quanto succede oltreconfine. «Almeno non ci uccidevano —
ricorda Topolansky —. Una volta vennero in carcere dei militari
argentini e chiesero ai nostri secondini: “Perché questi qui sono ancora
vivi?”».
Sopravvissuti, Pepe e Lucía si ritrovano soltanto nel
1985, dopo la fine della dittatura: l’amnistia svuota le galere e
permette ai guerriglieri di cercare per via democratica quello che non
hanno conquistato con le armi. Ci riescono, brillantemente, con il
Movimiento de Participación Popular, oggi principale forza politica del
Fronte Ampio di sinistra.
Nel 2010 Mujica presta giuramento come
presidente dell’Uruguay proprio nelle mani della moglie, già allora
secondo senatore più votato. Nei cinque anni di governo che seguono, la
coppia vara alcune delle misure più progressiste al mondo, come la
legalizzazione della marijuana («anche se io non ne conosco neppure
l’odore», mette in chiaro lei), dell’aborto e delle nozze gay.
Si
sono sposati soltanto nel 2005, dopo una lunga convivenza. Senza figli,
«perché dovevamo cambiare il mondo e abbiamo perso tempo». Vivono in
modo molto spartano in una piccola fattoria, alla periferia di
Montevideo, coltivando la terra. Il 90% del loro stipendio va ai poveri.
Pepe sorride quando gli dicono che la moglie è meno carismatica di lui.
«Può darsi, però è sistematica: come le api, o una goccia d’acqua. Una
lavoratrice instancabile. Non una di quelle persone che fanno gesta
storiche, ma una che costruisce».