venerdì 15 settembre 2017

Internazionale15.9.17
Siamo sempre più stupidi?
Secondo alcuni ricercatori, il quoziente intellettivo medio è calato negli ultimi quarant’anni. E una delle cause sarebbe l’invecchiamento della popolazione
Sally Adee, New Scientist, Regno Unito

Siamo più stupidi di prima, e forse la colpa è dell’invecchiamento della popolazione. A quanto pare, il quoziente intellettivo (Qi) medio diminuisce dal 1975. Alcuni consideravano questo calo un effetto dell’evoluzione, perché le donne con un Qi più elevato tendono ad avere meno figli. Ora, invece, i dati sembrano indicare che l’intelligenza della popolazione nel suo complesso diminuirebbe perché si vive più a lungo e, in età avanzata, certe forme d’intelligenza vacillano.
Per circa un secolo nei paesi ricchi il Qi medio è aumentato in modo costante e prevedibile, guadagnando circa tre punti ogni dieci anni, forse grazie al miglioramento delle condizioni sociali, della salute pubblica, dell’alimentazione e dell’istruzione. Dagli anni quaranta, quando fu osservata per la prima volta, questa tendenza (detta effetto Flynn) è stata riscontrata in vari paesi, dal Giappone ai Paesi Bassi.
Nel 2004, però, alcuni ricercatori hanno notato una tendenza opposta, e cioè una lessione del Qi medio: “Il calo si aggira intorno ai 7-10 punti per secolo”, sostiene Michael Woodley della Vrije universiteit di Bruxelles.
Tuttavia l’efetto Flynn è corroborato da molti studi. E l’idea che il Qi in realtà sia in calo è ancora discussa, come lo sono alcune teorie avanzate per spiegarla. Woodley e altri propendono per l’ipotesi della fecondità, in base a cui gli abitanti più istruiti dei paesi occidentali hanno meno figli rispetto al resto della popolazione: generazione dopo generazione, questa tendenza fa calare il Qi medio.
Eppure, con pochissimi dati a disposizione, è diicile sapere se ipotesi simili siano plausibili. “Si tratta per lo più di mettere insieme vecchi dati frammentari”, dice Stuart Ritchie dell’università di Edimburgo. “Per gli andamenti passati del Qi brancoliamo nel buio”.
Il problema in parte è dovuto al fatto che, nel tempo, i test sono cambiati. Robin Morris e i colleghi del King’s college di Londra hanno trovato il modo di aggirare l’ostacolo scomponendo i test in categorie più facilmente confrontabili. Hanno esaminato più di 1.750 tipi di test del Qi fatti dal 1972 in poi individuando due sottocategorie: quella che misura la memoria a breve termine e quella che valuta la memoria di lavoro.
La memoria di lavoro è la capacità di trattenere informazioni da elaborare e in base a cui prendere decisioni. A differenza della memoria a breve termine, è uno spazio in cui le informazioni si possono non solo conservare e riferire, ma anche modificare.
Analizzando i risultati di questi test nel corso degli anni i ricercatori hanno notato un andamento preciso: mentre i punteggi della memoria a breve termine aumentavano in linea con l’efetto Flynn, quelli della memoria di lavoro diminuivano, segno che questo tipo d’intelligenza potrebbe essere la causa del calo del Qi.
Velocità di reazione
Secondo Morris, restio a spiegare le possibili cause del fenomeno, è più facile ricordare un evento recente che trattenere informazioni nella memoria di lavoro, la quale attinge a un insieme più complesso di strumenti cognitivi.
Nei test del passato, tuttavia, i ricercatori hanno individuato anche un’altra tendenza: l’aumento del numero degli ultrasessantenni. Se la memoria di lavoro diminuisce con l’età, quella a breve termine in genere si mantiene. Nello studio, l’équipe di Morris scrive che gli over sessanta potrebbero essere in parte responsabili del calo del punteggio della memoria di lavoro nei paesi ricchi.
“L’idea che la causa di questo calo sia l’invecchiamento della popolazione è interessante e può essere una valida alternativa all’ipotesi della fecondità selettiva, molto difusa ma empiricamente poco suffragata”, dice Jakob Pietschnig dell’università di Vienna. “È un’ipotesi nuova, plausibile e sensata”.
Sia Pietschnig sia Ritchie, però, vorrebbero prove più solide e speciiche, soprattutto per gli elementi dell’intelligenza che abbastanza sicuramente declinano con l’età, come il tempo d’elaborazione e la velocità di reazione. Fino ad allora, per Ritchie l’ipotesi dell’inversione del Qi va trattata con scetticismo. “Siamo ancora nell’ambito speculativo e disponiamo di pochissimi studi. Qualunque conclusione definitiva è prematura”. u sdf