Corriere 12.9.17
Il condottiero vichingo in Svezia? Era una donna
di Luigi Offeddu
La rivelazione grazie al Dna dallo scheletro trovato a Birka
Lo
scheletro ritrovato oltre cent’anni fa aveva sepolte al suo fianco una
spada, una lancia, un’ascia ben affilata, frecce in grado di perforare
uno scudo: il completo equipaggiamento di un guerriero. E poi, gli
scheletri di due cavalli. E una borsa che conteneva asticelle e una
tabella, una specie di «gioco di guerra» medievale, forse utilizzato per
pianificare strategie di battaglia. Insomma, hanno dichiarato per più
di un secolo gli archeologi svedesi, in quella tomba scoperta a Birka,
nella Svezia centro-orientale, aveva riposato un grande condottiero
vichingo. Uno di quelli immortalati con il loro barbone dalla
tradizione, o dalla leggenda.
Ma no, altro che barbone: con ogni
probabilità quella di Birka era invece una condottiera, una donna sui
trent’anni alta un metro e 70, si è scoperto solo ora grazie ai più
moderni esami effettuati sul Dna ricavato dalle ossa.
Una
rivelazione straordinaria, come l’ha definita l’ American Journal of
Physical Anthropology , che l’altro ieri ha pubblicato il rapporto degli
scienziati: perché «l’identificazione di una guerriera vichinga offre
una visione unica di quel popolo», delle sue «costruzioni sociali» e
soprattutto «delle eccezioni alla norma nella sua epoca». Come poteva
essere, appunto, un ruolo di comando militare posseduto da una donna.
Anche se, mettono in guardia gli stessi scienziati, «i risultati dello
studio invitano alla prudenza contro le generalizzazioni riguardanti gli
ordini sociali nelle società del passato».
Negli ultimi due secoli, in almeno 3 tombe di epoca vichinga sono stati ritrovati scheletri femminili.
Però
non con tali segni materiali di prestigio e di potere («il completo
equipaggiamento di un guerriero professionista», insiste appunto la
ricerca attuale), al massimo con qualche umile oggetto di vita
familiare. E da sempre, certo, si narra di qualche erinni nordica che
avrebbe affiancato in battaglia i propri padri, fratelli e mariti. Voci
archiviate come miti: mai una prova concreta, come quella che sembra
arrivata ora.
La tomba della condottiera — marcata dagli studiosi
con il numero Bj 581 — conteneva frammenti di quasi tutte le parti del
suo scheletro. Stava su un pendio, in posizione dominante rispetto alle 3
mila della stessa epoca (700-1.000 dopo Cristo) ritrovate a Birka, dove
esiste il più grande «cimitero» vichingo della Svezia. Ed era
direttamente collegata con il forte-caserma che si ergeva poco lontano:
anche questo il segnale di una vita vissuta al comando.
Solo 1.100
di queste tombe sono state fino ad oggi esplorate. Forse — ci si chiede
ora — in altre tombe riposano altre donne condottiere?
Non è da
escludere, perché — dicono ancora gli studiosi autori della ricerca —
ciò che la storia alto-medievale ci ha tramandato su Birka è l’immagine
di un borgo vichingo «non convenzionale», cioè con una vita quotidiana
aperta a relazioni commerciali e culturali con regioni anche lontane, e
popolato stabilmente da 600-1.000 commercianti, artigiani e guerrieri.
In
un luogo così, certo non appariva come un fantasma la donna cantata da
Atli, eroe groenlandese dei poemi dell’ Edda : «Lei prese una nuda spada
e combatté per i suoi cari, lei era brava nel combattere dovunque
indirizzasse i suoi fendenti...».