Corriere 12.9.17
Renzi davanti al bivio: decidere dove candidarsi per misurare il consenso
di Maria Teresa Meli
La battuta: hanno voluto tenere il Senato? E io corro ad Arezzo
ROMA
Matteo Renzi alle prossime Politiche potrebbe candidarsi ad Arezzo.
Cioè in una delle roccaforti della polemica anti-Pd sulle banche. Il
segretario la butta là, durante la presentazione del suo libro proprio
in quella città, prima di affrontare il tema di Banca Etruria: «Io
rivendico di aver fatto un intervento per salvare i correntisti.
L’errore che abbiamo fatto, però, è stato quello di dare troppo spazio a
Bankitalia».
Sembra quasi una sfida, quella di Renzi. È vero che
il leader del Pd è entrato in modalità zen e quindi evita il più
possibile gli scontri e le polemiche, ma su alcuni temi ama tenere il
punto. Non a caso, il giorno dopo quel dibattito aretino, riferendosi
alla nomina del futuro governatore della Banca d’Italia, avverte: «Credo
che sul tema l’esecutivo e le forze politiche che lo sostengono debbano
fare di tutto perché ci sia una scelta all’altezza del compito».
Ma
è l’annuncio della sua possibile candidatura ad Arezzo che ha destato
un certo stupore. In realtà, Renzi non ha ancora deciso se presentarsi
alla Camera o al Senato. Da una parte è tentato dall’avventura di
Palazzo Madama perché lì non ci sono le liste bloccate ma le preferenze.
E quindi se la giocherebbe senza rete. In più questa sarebbe per lui
una doppia sfida: andare in quel Senato che intendeva ridimensionare.
«Lo hanno voluto tenere? E io mi ci candido. Ad Arezzo», è stata la
battuta del leader del Pd. In questo caso, però, i collegi sono molto
estesi e corrispondono alle Regioni. Non sarebbe quindi Arezzo l’agone
per la contesa elettorale del segretario, bensì la Toscana.
L’altra
opzione, quella della Camera, consentirebbe a Renzi di candidarsi come
capolista bloccato in dieci collegi (perciò anche in quello di Arezzo).
Questo sarebbe un modo per trainare il partito, naturalmente. La scelta
non è stata ancora presa, ma comunque alla fine il segretario farà ciò
che è più utile per il Pd. E prenderà la sua decisione con gli altri
dirigenti del Nazareno, perché, come ha voluto sottolineare anche ieri,
«noi siamo una squadra».
Già, ha tenuto a ricordare Renzi, «noi
abbiamo i nostri limiti, ma non ci vedrete litigare». Questo
riferimento, chiaramente, è soprattutto a Gentiloni, che gli oppositori
interni del segretario vorrebbero contrapporgli nella speranza di aprire
delle divisioni in seno alla maggioranza pd. Ma Renzi non vuole cadere
in quelle che i suoi definiscono delle «trappole». La linea è quella
decisa da qualche mese e verrà portata avanti anche in campagna
elettorale, ponendo l’accento sui risultati ottenuti dai governi Renzi e
Gentiloni.
Il segretario non si discosta da questa impostazione:
«Stiamo andando forte. Più 4,4 per cento rispetto allo scorso anno per
la produzione industriale, più di Giappone, Francia e Germania. Molto è
merito delle misure di bilancio di questi anni. La squadra del Pd è
quella che ha portato l’Italia fuori dalla crisi. Grillo e Salvini
portano l’Italia fuori dall’euro».
E a proposito di euro — e di
Europa — Renzi annuncia che «al prossimo giro ci faremo sentire a
Bruxelles» perché per ridurre le tasse servono soldi «che non sono
quelli del Monopoli» ma quelli della flessibilità.