martedì 12 settembre 2017

Corriere 12.9.17
Renzi davanti al bivio: decidere dove candidarsi per misurare il consenso
di Maria Teresa Meli

La battuta: hanno voluto tenere il Senato? E io corro ad Arezzo
ROMA Matteo Renzi alle prossime Politiche potrebbe candidarsi ad Arezzo. Cioè in una delle roccaforti della polemica anti-Pd sulle banche. Il segretario la butta là, durante la presentazione del suo libro proprio in quella città, prima di affrontare il tema di Banca Etruria: «Io rivendico di aver fatto un intervento per salvare i correntisti. L’errore che abbiamo fatto, però, è stato quello di dare troppo spazio a Bankitalia».
Sembra quasi una sfida, quella di Renzi. È vero che il leader del Pd è entrato in modalità zen e quindi evita il più possibile gli scontri e le polemiche, ma su alcuni temi ama tenere il punto. Non a caso, il giorno dopo quel dibattito aretino, riferendosi alla nomina del futuro governatore della Banca d’Italia, avverte: «Credo che sul tema l’esecutivo e le forze politiche che lo sostengono debbano fare di tutto perché ci sia una scelta all’altezza del compito».
Ma è l’annuncio della sua possibile candidatura ad Arezzo che ha destato un certo stupore. In realtà, Renzi non ha ancora deciso se presentarsi alla Camera o al Senato. Da una parte è tentato dall’avventura di Palazzo Madama perché lì non ci sono le liste bloccate ma le preferenze. E quindi se la giocherebbe senza rete. In più questa sarebbe per lui una doppia sfida: andare in quel Senato che intendeva ridimensionare. «Lo hanno voluto tenere? E io mi ci candido. Ad Arezzo», è stata la battuta del leader del Pd. In questo caso, però, i collegi sono molto estesi e corrispondono alle Regioni. Non sarebbe quindi Arezzo l’agone per la contesa elettorale del segretario, bensì la Toscana.
L’altra opzione, quella della Camera, consentirebbe a Renzi di candidarsi come capolista bloccato in dieci collegi (perciò anche in quello di Arezzo). Questo sarebbe un modo per trainare il partito, naturalmente. La scelta non è stata ancora presa, ma comunque alla fine il segretario farà ciò che è più utile per il Pd. E prenderà la sua decisione con gli altri dirigenti del Nazareno, perché, come ha voluto sottolineare anche ieri, «noi siamo una squadra».
Già, ha tenuto a ricordare Renzi, «noi abbiamo i nostri limiti, ma non ci vedrete litigare». Questo riferimento, chiaramente, è soprattutto a Gentiloni, che gli oppositori interni del segretario vorrebbero contrapporgli nella speranza di aprire delle divisioni in seno alla maggioranza pd. Ma Renzi non vuole cadere in quelle che i suoi definiscono delle «trappole». La linea è quella decisa da qualche mese e verrà portata avanti anche in campagna elettorale, ponendo l’accento sui risultati ottenuti dai governi Renzi e Gentiloni.
Il segretario non si discosta da questa impostazione: «Stiamo andando forte. Più 4,4 per cento rispetto allo scorso anno per la produzione industriale, più di Giappone, Francia e Germania. Molto è merito delle misure di bilancio di questi anni. La squadra del Pd è quella che ha portato l’Italia fuori dalla crisi. Grillo e Salvini portano l’Italia fuori dall’euro».
E a proposito di euro — e di Europa — Renzi annuncia che «al prossimo giro ci faremo sentire a Bruxelles» perché per ridurre le tasse servono soldi «che non sono quelli del Monopoli» ma quelli della flessibilità.