Repubblica 7.7.17
Quel dono stupefacente degli dei agli uomini
di Marco Belpoliti
Le
prime droghe risalgono al Paleolitico. Ne parlano testi arcaici
indiani. In Europa arrivano con Colombo. Inizia così un viaggio nella
storia delle sostanze psicotrope
Che cosa è una droga? «Una
sostanza che invece di essere vinta dal corpo (o assimilata come
semplice alimento) è capace di vincerlo, provocando, seppur in dosi
insignificanti se paragonate
a quelle di altri alimenti, grandi
cambiamenti organici, psichici o di entrambi i tipi». Così scrive
Antonio Escohotado autore di una monumentale Historia general de las
drogas (1999). Non la vedevano certamente così gli sciamani
dell’antichità, o gli estensori di trattati farmacologici, greci romani e
arabi. Per loro era ancora qualcosa d’altro. Cosa? Per capirlo bisogna
partire dalle erbe.
Quando Colombo e i suoi successori sbarcano
nel Nuovo Mondo sono colpiti dal fatto che gli indigeni usino vegetali a
loro sconosciuti per ottenere energia, oltre che celebrare i loro riti.
I nomi sono: cohaba, coca, peyote, stramonio, ololiuqui, caapi,
tabacco, e altri ancora. In Europa la maggior parte di queste piante
sono ancora sconosciute. L’unica che fornisce risorse simili, ed effetti
quasi analoghi, è la vite, oppure i cerali fermentati, da cui si
ottiene la birra. I navigatori probabilmente non sanno che in Europa da
migliaia di anni si fa uso di piante ed erbe per ottenere risultati
simili a quelli che Pizarro e i suoi compagni vanno osservando.
C’è
una cesura che separa il mondo moderno che sta per nascere, con la
scoperta di Colombo, e il passato. Si chiama Medioevo. Questo periodo
storico ha comportato una rottura con la tradizione medica
dell’antichità, prima greca e poi romana. Le sostanze che chiamiamo
“droghe”, tratte da erbe, arbusti, fiori e piante – cosiddette
“naturali”– erano parte essenziale della farmacopea in uso. Ma c’è anche
un’altra frattura, che precede questa, senza la quale non si capisce
che ruolo avessero nel passato le sostanze che chiamiamo “droghe”. Tra
il VI e V secolo a. C. nelle civiltà antiche tramontano le religioni
estatiche sorte nel corso della preistoria, fondate sull’uso di sostanze
“psicoattive”. Nonostante il perdurare di eventi misterici, religione e
medicina si stanno separando a vantaggio della seconda. La medicina
tende a diventare una realtà a sé. Le “droghe” prima di tutto curano.
Con
il Medioevo cade però un interdetto sulla farmacopea fondata sul mondo
vegetale. La caccia alle streghe mette al bando i farmaci antichi; il
cristianesimo stabilisce un rapporto stretto tra droga, lussuria e
stregoneria, decretandone la loro assoluta pericolosità. Le erbe
curative sono ritenute uno degli elementi certi nelle pratiche
sataniche. Nel Paleolitico l’Homo sapiens raccoglieva già radici, funghi
ed erbe, e tra gli effetti che cercava con le sostanze usate c’era
quello euforizzante. Lo sciamanesimo è il fenomeno che accompagna la
conoscenza del mondo vegetale, e comporta capacità terapeutiche e
insieme il dialogo con il mondo del divino. La farmacopea vegetale
serviva a far “apparire” gli spiriti usando erbe dotate di proprietà
psicoattive con reazioni stimolanti, effetti narcotici e sedativi, o
stati inebrianti. Le sostanze provenienti dal mondo vegetale erano viste
come una sorta di dono dato agli uomini dalle divinità per consentire
di comunicare con loro. La prima droga-farmaco indicata in un testo
arcaico, i Rg-Veda, è il soma, pianta magica e misteriosa, liquore
estratto da piante sconosciute mescolato con miele e latte e altri
elementi. La più antica delle fusioni di medicina, religione e magia, lo
sciamanesimo, perseguiva lo scopo di gestire le tecniche dell’estasi
cancellando le barriere tra veglia e sonno, cielo e terra, vita e morte.
Il numero delle piante utilizzate era vasto: alloro, aloe, cannabis,
cassia, olio di ricino, mirra, melograno, senape, oltre all’onnipresente
papavero.
In Asia, e nella sua propaggine detta Europa, sono
diffusi i funghi psicoattivi che producono visioni ed effetti
inebrianti, il cui uso risale a tempi remotissimi. Viste con l’occhio
del naturalista, due sono le tipologie chimiche e farmacologiche dei
funghi: il gruppo dell’Amanita muscaria e quello dei funghi
psilocibinici (Psilocybe e Panaeolus). L’Amanita è il più conosciuto,
perché il più rappresentato in disegni e incisioni. Come fa notare
Giorgio Samorini, etnobotanico, si tratta del fungo delle fiabe europee:
grossa taglia e cappello rosso cosparso di macchie bianche. La sua
indigestione provoca uno stato di ebbrezza che dall’euforia trascina
alle visioni.
Prima che i funghi della visione tornassero di moda
nel corso del XX secolo, grazie al lavoro etnografico di un banchiere
americano, Robert Gordon Wasson, e della moglie, Valentina Pavlovna,
erano perfettamente noti, tanto da essere presenti nelle
rappresentazioni dell’antica arte rupestre del Sahara e in altri siti
archeologici. Nel 1953, quasi cinque secoli dopo l’arrivo dei
Conquistadores, i coniugi Wasson si recano in Messico, e due anni dopo,
nel corso della loro terza missione, partecipano a una cerimonia in cui
Maria Sabina pratica esperienze curative a base di funghi psilocibinici
seguendo uno schema molto antico. Il 1953 è anche l’anno in cui William
S. Burroughs va in Perù, Colombia, Panama ed Ecuador alla ricerca dello
yagé, la liana amazzonica da cui si ricavano decotti, con lo scopo di
raggiungere lo “sballo supremo”. Lo racconterà dieci anni dopo in
Lettere dello yage, scambio epistolare con Allen Ginsberg, destinato a
diventare un libro cult. Nello stesso periodo, un aspirante antropologo
peruviano con studi californiani, Carlos Castaneda, sta completando la
sua istruzione in Messico presso don Juan, come racconta in A scuola
dello stregone (1968). Gli sciamani con le loro droghe sono tornati.
PER SAPERNE DI PIô
Sulle
droghe in generale: Antonio Escohotado, Piccola storia delle droghe,
Donzelli; Ugo Leonzio, Il volo magico, Einaudi; Henri Margaron, Le
stagioni degli dei, Cortina; l’antologia curata da Elémire Zolla, Il dio
dell’ebbrezza, Einaudi e Terence McKenna, Il nutrimentod egli dei,
Apogeo. Sulle piante si vedano i libri di Giorgio Samorini, Mitologia
delle piante inebrianti, Studio Tesi; Funghi allucinogeni, Telesterion;
Allucinogeni nel mito, Nautilus; di W. S. Burroughs e A. Ginsberg: Le
lettere yage, Adelphi; sulla ayahuasia si legga il romanzo di César
Calvo, Le tre metà di Ino Moxo e altri maghi verdi, Feltrinelli; una
guaritrice è raccontata in Vita di Maria Sabina. La sciamana dei funghi
allucinogeni, Savelli. ( 1. Continua)