Repubblica 6.7.17
La strettoia dello Ius Soli
di Stefano Folli
È
ormai chiaro che il tema dell’immigrazione sarà centrale nella campagna
elettorale prossima ventura. Che si voti in febbraio o un po’ più in
là, in aprile o maggio, la gestione dei migranti si presenta fin d’ora
come la principale discriminante fra l’area del centrodestra e quella
del centrosinistra. Non senza contraddizioni che toccano soprattutto il
Partito Democratico.
Esiste infatti un’area di sinistra che rimane
fedele alla linea dell’accoglienza e della solidarietà come valori
irrinunciabili: è il mondo che comprende il volontariato laico e
soprattutto cattolico, con costante riferimento a papa Francesco; è
anche un’area che sul piano politico si è riconosciuta fin qui nel Pd,
almeno in una certa misura, ma che oggi è ben rappresentata nella
galassia di sigle che stanno faticosamente tentando di riunirsi dietro
l’iniziativa di Pisapia (e non è detto che ci riescano). Basta questo
per comprendere che non c’è vera coesione all’interno del centrosinistra
nel suo complesso.
La frattura di fondo è sempre quella che sul
piano dell’identità divide destra e sinistra. E le recenti elezioni
comunali dimostrano che Salvini ha fatto abilmente i suoi conti,
cogliendo lo smarrimento dell’opinione pubblica di fronte
all’”invasione” vera o presunta — e comunque ben enfatizzata — dei
migranti. Con altrettanto fiuto politico Grillo si è spostato da tempo
su posizioni molto simili, anzi è stato il primo a innescare la polemica
sul ruolo delle varie sigle Ong. Quanto a Forza Italia, al nord i suoi
esponenti non dicono cose diverse dalla Lega, evitando solo di
condividerne l’estremismo nazionalista e anti-europeo.
Il partito
di Renzi è invece l’immagine di un dramma politico che non vedrà una
soluzione tanto presto. E che si riflette nel modo sofferto con cui
Gentiloni e Minniti stanno affrontando l’emergenza. Non c’è solo la
sordità dell’Unione o l’estrema difficoltà di controllare gli arrivi
ovvero, a maggior ragione, di stringere accordi con le mille tribù
libiche in vista di frenare le partenze. Come un singolare mosaico, ogni
tassello è connesso a un altro. Per cui la legge sullo “Ius soli”, in
origine bandiera di civiltà, si è rapidamente trasformata in un problema
nel problema. Il passaggio cruciale del testo in Parlamento ha finito
per coincidere con la grande ondata estiva degli sbarchi sulle nostre
coste. E se è vero che le due questioni si sono sovrapposte
nell’immaginario collettivo, contribuendo a spostare voti nei recenti
ballottaggi, ecco che molti nel Pd cominciano a giudicare “inopportuna”
l’approvazione della legge a tambur battente. Non si discute il merito,
quanto la tempistica. Per cui in Senato nessuno si dispera per il rinvio
di qualche giorno della discussione: è solo rimandata alla prossima
settimana, ma non si esclude che — un passo dopo l’altro — lo “Ius soli”
slitti a dopo l’estate.
In altre parole, fra la destra che ha
trovato nell’immigrazione il cavallo di battaglia capace di nascondere
gravi carenze politiche nonché profonde spaccature interne e la nuova
sinistra che rivendica la linea umanitaria come grande tema unificante,
il Pd cammina lungo uno stretto sentiero. Rischia di perdere consensi a
sinistra perché la sua posizione sui migranti non è abbastanza solidale
(vedi le critiche in tal senso al ministro dell’Interno, anche nel
governo); e a destra perché non sa imporsi in Europa e non rinuncia allo
“Ius soli”. Se Renzi dovesse impuntarsi e chiedere il voto di fiducia
sulla legge, senza dubbio l’avrebbe vinta e il provvedimento passerebbe.
Ma nel Pd rimarrebbero dubbi e mugugni, specie fra coloro che devono
essere rieletti nei collegi a rischio, in particolare al nord.
Se
viceversa il segretario lasciasse decidere al Parlamento, allora il
probabile slittamento della legge offrirebbe buoni argomenti
all’arcipelago della sinistra (Pisapia e gli altri) per acquisire
consensi a scapito di un Pd “destrorso”. In entrambi i casi la scelta è
ardua, ma è solo un aspetto della più generale questione migranti. Un
tema suscettibile di decidere il futuro dell’Europa, certo, ma anche in
tempi più rapidi il destino del centrosinistra.