il manifesto 6.7.17
Per i migranti l’alternativa c’è
di Luigi Manconi
Tra
le molte insidie della discussione pubblica sul tema dell’asilo e
dell’immigrazione, c’è quella – velenosissima – che porta a raffigurare
la situazione come uno scenario nichilista senza salvezza, senza rimedio
e senza via d’uscita.
Non è affatto così. In questa materia,
politiche razionali e intelligenti, pur ardue e faticose, sono possibili
e previste tra le pieghe dalle normative e delle convenzioni europee; e
alcune di esse sono state già sperimentate e diffusamente applicate con
un certo successo.
Nel 2013, all’indomani del naufragio di
Lampedusa del 3 ottobre, avanzammo una serie di proposte molto concrete
per affrontare la crisi umanitaria nel Mediterraneo. L’obiettivo era
quello di evitare la lunga e dolente teoria delle morti in mare e
l’intenzione quella di indurre l’Unione europea a farsi carico della
questione migratoria adottando meccanismi di condivisione e solidarietà
tra gli Stati.
Innanzitutto fu elaborato un piano di ammissione
umanitaria, molto dettagliato e circostanziato, che prevedeva canali
legali e sicuri verso l’Europa per i profughi bisognosi di protezione:
un piano ancora attuale e sempre più necessario. La seconda proposta
riguardava la possibilità che il governo italiano ricorresse alla
concessione della protezione temporanea ai profughi sbarcati sulle
nostre coste in base a quanto previsto dalla direttiva 55 del 2001. Ed
è, questa, una opportunità estremamente importante che va presa in
serissima considerazione al più presto. Quella direttiva, infatti,
stabilisce standard minimi per la concessione della protezione
temporanea in caso di afflusso massiccio, nonché la promozione
dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che accolgono gli
sfollati. La durata della protezione temporanea è di un anno e gli Stati
membri sono obbligati a indicare la propria capacità di accoglienza; e a
cooperare per il trasferimento della residenza delle persone da uno
Stato all’altro.
Nei giorni scorsi ho riproposto in molte sedi
l’adozione di questo provvedimento, e così hanno fatto Radicali italiani
e Comunità di Sant’Egidio, come alternativa all’idea, difficilmente
praticabile e da scongiurare, della chiusura dei porti italiani alle
navi dei profughi. A ulteriore sostegno della richiesta sulla protezione
temporanea, da avanzare rapidamente in sede Ue, si ritrova nella storia
recente del nostro Paese un concreto e istruttivo precedente. Nel 2011
il governo Berlusconi di fronte agli arrivi, già allora consistenti, di
profughi provenienti dalla Tunisia, concesse «un permesso di soggiorno
per motivi umanitari», della durata di 6 mesi, rinnovati in seguito per
un altro anno. Qualora una richiesta analoga del governo italiano al
Consiglio europeo non venisse accolta, si potrebbe comunque procedere
all’adozione a livello nazionale di un provvedimento simile a quello del
2011. A marzo di quell’anno, alcune migliaia di tunisini entrarono o
provarono a entrare in Francia muniti di permesso temporaneo valido per
attraversare le frontiere: si aprì un contenzioso con l’Italia e la
questione si impose a livello europeo. A maggior ragione oggi, in un
contesto molto più delicato, precario e complesso, porre in questi
termini la necessità di una presa in carico della gestione dei flussi da
parte di tutti gli Stati membri avrebbe un impatto forte, senza mettere
a rischio l’incolumità delle persone in fuga.
Velleitario? Poco
credibile? Ma davvero qualcuno può pensare che la concessione di un
permesso di soggiorno per motivi umanitari sia meno realistica della
cupa distopia della «chiusura dei porti italiani»?