venerdì 14 luglio 2017

Repubblica 14.7.17
Pisapia convinto che “si può essere utili senza ruoli istituzionali”. “Se poi mi chiedono di fare il premier? Prematuro parlarne ”
Da Giuliano segnale a Renzi e sinistra “Serve rotazione, non rottamazione”
di Carmelo Lopapa

ROMA. Alle cinque della sera, nella sua Milano, Giuliano Pisapia si sorprende della sorpresa. Scorre le reazioni che sono ormai tante e quasi non si capacita. «Ma perché ha fatto tanto clamore quel che ho detto? È una cosa che ripeto da anni. È sempre stata una mia idea e certo non la rimetto in discussione oggi: si può essere protagonisti e utili a un progetto, a una causa, alla sinistra, al Paese, senza ricoprire ruoli istituzionali ». Senza esporsi fino alla candidatura, insomma, senza sedere necessariamente in Parlamento.
Non vuol dire ritirarsi, tutt’altro. Tanto che, a chi gli sottopone l’ipotesi di un’eventuale responsabilità da premier da discutere dopo le elezioni, l’ex sindaco della sinistra “larga” risponde così: «Di questa cosa è prematuro parlarne, ci sono troppi se e troppi ma, non è un problema che si pone oggi. Se poi si concretizzerà il progetto politico, se le cose andranno in un certo modo, la prospettiva non è da escludere».
Per ora, tuttavia, resta lo “scossone” dell’annuncio fatto al mattino nella sua città, davanti alla platea amica di un incontro sulla democrazia nel mondo del lavoro organizzato dalla Filt-Cgil. Una mossa che ha colto di sorpresa tutto un mondo. Quello della sinistra che a lui guarda, in lui scommette, che nella sua capacità di traino – anche elettorale – ha investito per far decollare il nuovo soggetto. «Ma io l’avevo detto anche un anno fa, il primo giorno in cui ho iniziato il mio giro per l’Italia », era settembre, ricorda nel pomeriggio ad amici comunque chiamano, chiedono come mai, perché, se non sia il caso di ripensarci. «A me interessa mettermi a disposizione, offrire il mio impegno per evitare che questo Paese finisca in mano alle destre». Ieri si è limitato insomma a ripeterlo. E gli è venuto spontaneo, racconta, in un contesto che ha «sentito vicino, comprensivo, affettuoso».
Comunque una svolta inattesa, con la quale dentro il cantiere progressista dovranno fare ora i conti. E che chiama indirettamente in causa anche i fondatori di Mdp. «Sono sempre stato convinto, nella vita come nella professione, che occorra un ricambio generazionale. Intendiamoci – mette subito le mani avanti l’avvocato – ci sono parole nelle quali non mi riconoscerò mai, come rottamazione. Ma ci sono anche parole e concetti che difendo, che sono parte della mia cultura politica, come rotazione». Un processo più sottile rispetto alla falce renziana, è il sottinteso, ma del quale comunque la sinistra che vuole risorgere dovrà tenere conto. Presa di distanza dai criteri di selezione affermatisi nel Pd, messaggio che tuttavia viene recapitato senza nomi e cognomi anche ai big veterani che si stanno cimentando nel nuovo progetto politico.
Una scelta di coerenza, la sua. La rivendica, Pisapia. Già da sindaco di Milano aveva preannunciato che non si sarebbe riproposto per un secondo mandato. Il principio vale altrettanto su scala nazionale, sostiene. «Ho sempre pensato che ci si debba impegnare per un massimo di due mandati parlamentari», chiarisce meglio. «E siccome io due mandati parlamentari li ho già completati, non mi sembra il caso di ripresentarmi, tutto qui». L’avvocato entra in Parlamento nel 1996 da indipendente nelle liste di Rifondazione comunista, prendendo le distanze dal partito di Bertinotti dopo la sfiducia al governo Prodi. Verrà rieletto nel 2001. Ma già nel 2006 rinuncia alla ricandidatura. Fine.
La riunificazione di tutto quel che c’è alla sinistra del Pd resta oggi il suo obiettivo. Lo ripete con forza. «Il mio impegno continuerà, per comporre il nuovo centrosinistra, che avrà bisogno di uno spirito rinnovato, di modalità aggiornate, quel che mi interessa più di tutto però è che il progetto contenga in sé tutte le anime della sinistra: ambientalismo, civismo, solidarietà».
D’altra parte - e qui è Pisapia a sorprendersi - non si vede perché la scelta maturata desti tanto clamore, nel momento in cui in Italia il segretario del Pd è fuori dal Parlamento (e lo era stato anche nei mille giorni da premier), Beppe Grillo guida da sempre i Cinque stelle rimanendo all’esterno, per non dire del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi (interdetto, in quel caso). È la mission che conta, quella non cambia: «Unire i disillusi, ridare speranza a chi crede nei valori del centrosinistra, dimostrando di non perseguire alcun interesse personale». Convinto che passi anche attraverso questa linea di coerenza l’ambizioso recupero di una buona parte di coloro che hanno deciso negli ultimi anni di disertare le urne. Popolo di sfiduciati, delusi, per buona parte popolo di sinistra.