Corriere 14.7.17
Il timore di venire «incastrato» Il Pd: se non c’è, loro più deboli
di Maria Teresa Meli
ROMA
Andrea Orlando, che lo aveva incontrato il giorno prima, non ne sapeva
niente. I «suoi» men che meno, tant’è vero che, avvisati dai
giornalisti, hanno dapprima risposto che Pisapia, forse, aveva detto
quelle cose due giorni fa in Versilia e solo in un secondo tempo hanno
corretto il tiro. L’unico a conoscenza delle riflessioni dell’ex sindaco
di Milano, probabilmente, era Prodi, che ha spostato la tenda dal campo
del Pd e ora deve decidere se compiere lo strappo finale con Renzi.
L’uscita
di Pisapia ha spiazzato tutti. Il 23 giugno, in un’intervista al
Quotidiano nazionale , aveva infatti lasciato chiaramente intendere che
si sarebbe candidato. È il segnale di un certo disagio: l’ex sindaco di
Milano si sta rendendo conto che potrebbe correre il concreto rischio di
finire incastrato tra Bersani e D’Alema, in una sorta di cartello
elettorale della sinistra «arcobaleno». Esattamente ciò che non voleva.
Per questa ragione, del resto, aveva chiesto agli scissionisti del Pd di
sciogliere il loro partito. Ma quelli gli hanno risposto picche, anche
perché intendono arrivare al tavolo delle liste (sì, per tutte le forze
politiche, è sempre quello il problema) forti di un nutrito pacchetto di
tessere per avere un congruo numero di candidati blindati. Per questa
ragione, cioè per aumentare il numero delle iscrizioni, gli scissionisti
del Pd hanno deciso di indire feste su feste in tutta Italia durante
l’estate.
E per imbrigliare meglio l’ex sindaco, Articolo 1 ha
deciso di mettere in piedi una «cabina di regia», che è un classico
della politica italiana. La dovrebbe guidare Pisapia, con Bersani e
D’Alema al suo fianco. Ossia con quegli stessi leader ai quali Pisapia
vuole chiedere un passo indietro — visto che proporrà che si candidi
solo chi non ha già fatto due legislature — e che gli hanno già riposto
di no.
Ma l’ex sindaco avrà l’effettiva leadership di «Insieme»,
fintanto che Articolo 1 non si scioglie? È questa la domanda che si
fanno anche i suoi supporter. Peraltro la scelta di non candidarsi alle
elezioni e di fare il leader da fuori potrebbe rivelarsi un rischio, dal
momento che «Insieme» non è un unico partito ma la sommatoria di
diverse sigle, ognuna con il «capo» di riferimento.
Al Nazareno
seguono le mosse della sinistra con un certo interesse. La riflessione
che viene fatta è questa: «Senza Pisapia candidato quel cartello
elettorale si indebolirà tantissimo». Il presidente del Pd Matteo Orfini
va dicendo da tempo che alla fine, a suo avviso, le liste alla sinistra
del Partito democratico saranno tre: «Insieme», Sinistra italiana,
magari in accoppiata con il movimento di Anna Falcone e Tomaso
Montanari, e Rifondazione. E la reazione che ha avuto ieri Nicola
Fratoianni di fronte alla notizia di una «cabina di regia»
Pisapia-Bersani-D’Alema parrebbe dare ragione a Orfini. «Fanno questa
cosa? Auguri e in bocca al lupo», è stato il commento in Transatlantico
del leader di Sinistra italiana. Come a dire: non è cosa che mi
riguarda. D’altra parte lo stesso ex sindaco di Milano non aveva escluso
l’eventualità di più liste.
Ma i problemi veri, come si è visto,
sono tutti interni a «Insieme». Pisapia infatti non vuole rompere
definitivamente con il Pd di Renzi, perché come Prodi, ritiene che
«occorra impedire che vincano la destra e i populismi». Per Bersani e
D’Alema, invece, «Insieme» deve essere anti-renziano. Al Nazareno
ritengono che la linea vincente sarà quest’ultima. E lo sostengono con
un certo sollievo, perché significa non discutere più del premio di
coalizione.