La Stampa 8.7.17
La tentazione di virare verso destra
di Marcello Sorgi
Non
è stato l’unico - e forse non sarà neppure l’ultimo - il caso nato ieri
sui social a proposito di un’anticipazione sugli immigrati del nuovo
libro di Matteo Renzi, che ha dovuto ridimensionare il senso dello
slogan appena adottato - «aiutiamoli a casa loro» -, ma coniato da
Salvini e risultato urticante, a giudicare dalle reazioni sulla rete,
per i militanti più tradizionali del Pd.
Da tempo ormai, l’uomo
che era salito al potere sull’onda di un consenso crescente, fino al 40
per cento delle europee del 2014, è in difficoltà. La sconfitta al
referendum del 4 dicembre ha messo una lapide inattesa su un triennio
innovativo di governo e di riforme. Renzi non ne ha colto subito la
portata. Ha cercato una rivincita nel congresso e nelle primarie, e l’ha
avuta. Ha dovuto incassare una nuova battuta d’arresto alle
amministrative dell’11 giugno, e non l’ha digerita. Cosa pensi l’ex
premier dei suoi compagni di partito che lo sollecitano a tornare sui
suoi passi, e a recuperare un minimo di sintonia con l’elettorato di
centrosinistra che in parte l’ha abbandonato, fino a qualche giorno fa
si poteva intuire, ma da giovedì, dopo la direzione del Pd, è diventato
noto a tutti. Li considera vecchi, superati, dediti solo al gioco
correntizio, una parodia di quel che accadeva nella vecchia Dc, intenti a
tessere trame per fregarlo e mettere al suo posto un altro segretario,
ciò che è avvenuto quattro volte nei dieci anni di vita del Partito
democratico, prima del suo avvento alla leadership e della conferma,
malgrado lo scivolone del 4 dicembre, avuta nelle ultime primarie.
Dipendesse da lui, Franceschini, Cuperlo, Orlando, per citare i suoi
principali critici, neppure li ricandiderebbe alle elezioni, e se lo
farà, non gli offrirà certo posti in lista che agevolino una facile
rielezione. Renzi insomma è in guerra con una parte consistente del suo
partito, e il modo in cui sta conducendo questa guerra spaventa anche
qualcuno dei suoi.
La ragione politica di questo conflitto sta nel
fatto che il leader è convinto che alle prossime elezioni la gente
sceglierà tra Grillo, Salvini (di Berlusconi, che molti considerano
rinato, non si preoccupa) e lui stesso; e deciderà, non tanto in base
alle proposte che ciascuno di loro avanzerà (e potranno somigliarsi o
sovrapporsi, secondo criteri di marketing politico e di comunicazione,
non di ancoraggio ideologico), ma al tasso di fiducia personale che
saranno stati in grado di guadagnarsi presso l’opinione pubblica.
Inoltre Renzi è convinto che quel 40 per cento di elettori che lo
portarono alla vittoria tre anni fa, e poi scelsero il «Sì»
nell’infausto giorno della vittoria del «No», siano ancora con lui e
possano regalargli la rivincita alle prossime politiche.
Con
queste idee per la testa e incurante di quelli che nel Pd non la pensano
come lui, il segretario s’è messo al lavoro e ha scritto questo libro,
intitolato «Avanti», che sta per uscire, è questione di ore, neppure di
giorni, ed era già pronto per andare in libreria un paio di mesi fa. Il
motivo dei rinvii, più d’uno a quanto se ne sa, è che il libro contiene
la summa del pensiero renziano e l’autore, benché invitato varie volte a
smussare gli angoli più acuminati del testo e qualche rivelazione
personale che potrebbe imbarazzare i protagonisti, se ne è guardato
bene, o vi ha provveduto solo in pochissimi casi, accettando soltanto di
posticipare il lancio per ragioni di opportunità.
Ora, se il buon
giorno si vede dal mattino, il caso nato sull’immigrazione è solo
l’antipasto di quanto succederà quando l’intero testo sarà pubblico e si
scoprirà che il piano di Renzi è abbastanza diverso, se non quasi
completamente, da quel che aspettano gli altri leader del centrosinistra
e che gli stessi attribuiscono ai loro elettori. In altre parole:
questo è il libro di Renzi con il programma del partito di Renzi. Il
famoso PdR che avrebbe dovuto fondare tre anni fa, quando era vincente, e
che adesso i suoi avversari vogliono impedirgli di far nascere prima
dell’appuntamento decisivo con le urne per il prossimo Parlamento.