La Stampa 13.7.17
Thomas Sankara
L’africano che volle rifiutare l’aiuto avvelenato dell’Occidente
In
scena all’Accademia Filarmonica Romana la vita tragica di Thomas
Sankara il presidente golpista che inventò il Burkina Faso, con le
musiche di Sebastiani
di Sandro Cappelletto
La
tomba è al centro, appena discosta rispetto alle altre dodici che la
affiancano a destra e a sinistra, sei e sei. Tredici tombe in
orizzontale, un’ultima cena africana.
Lassane Congo - 45 anni,
etnia Mossi, come indicano i tre solchi incisi sulla sua guancia - la
raggiunge a passi veloci, si sdraia sopra, la schiena contro la lastra
di pietra, respira a fondo, allarga le braccia, riapre gli occhi, guarda
il cielo. «Come sto bene qui. Ecco mio padre».
C’è un guscio
d’uovo rotto accanto alla tomba. Sembra un’immondizia, una profanazione
del luogo, un’ingiuria ai morti, mi chino per raccoglierlo e
allontanarlo. Congo mi ferma, alzando la voce.
«Lascialo dov’è».
«Ma è pieno di formiche».
«È
un uovo d’anatra, il guscio di un uovo racchiude la vita. Nuova vita
per chi è morto, nuova vita per chi vive. Le formiche vanno e vengono,
da un mondo all’altro.
Rimaniamo qui ancora cinque minuti».
Il
cimitero di Ouagadougou sta su una lieve collina che si innalza accanto
a uno dei mercati della capitale del Burkina Faso. Arrivano qui
montagne di abiti donati dalle organizzazioni umanitarie internazionali.
Abiti ben conservati, intercettati e rivenduti, per la metamorfosi di
anonimi gesti di carità in un affare.
«L’aiuto serve soltanto se
aiuta a uccidere l’aiuto», diceva Thomas Sankara, il militare presidente
del Burkina Faso che riuscì a dare un’identità e un nome a questa
nazione, fino ad allora chiamata dai francesi Alto Volta. Niente più che
un’indicazione geografica. Burkina-Faso: il paese degli uomini integri.
Prima
che potesse uccidere gli aiuti, quando aveva soltanto trentotto anni
uccisero lui e dodici sue guardie del corpo. Era il 15 ottobre 1987.
Subito
dopo l’agguato, i tredici morti sono stati sepolti in questo cimitero,
uno accanto all’altro. Uccisi però sepolti, eliminati ma non dispersi.
Le tombe sono qui di sicuro, i corpi chissà, perché erano carne
spappolata dalle raffiche di mitra sparate a distanza corta e chiunque
vedendo quei corpi avrebbe capito che la morte non era stata naturale.
Congo viene spesso in questo cimitero, «perché Sankara ci ha insegnato
la dimensione morale. Che anche noi, i più poveri del mondo, avevamo una
dimensione morale». [...]
«Il giorno in cui sentirete dire che il
capitano Blaise Compaoré prepara un colpo di Stato contro di me, non
datevi pena di avvisarmi, perché sarà troppo tardi». Sankara forse
perfino desiderava questa fine che l’avrebbe trasformato da uomo
politico in martire, in un Abele ucciso dal fratello, come era il suo
successore, da allora e per 27 ininterrotti anni presidente del Burkina
Faso. Blaise e Thomas, Thomas e Blaise che avevano diviso ogni cosa
tranne il comando.
«Nella regione dove vivono i Polò - racconta
Congo - ci sono due tipi di serpenti, la vipera e il boa. La vipera
viene uccisa , il boa no: è troppo forte. Se torni a casa tua e dentro
trovi un boa, devi fare due cose: prima andare dallo sciamano e chiedere
che compia un sacrificio per capire perché è venuto proprio da te, poi
aspettare che il boa esca. Di solito esce, con calma, ma esce».
«Ma perché deve venire proprio da me?».
«Magari
per avvisarti di un pericolo, a casa tua, dove pensi che non ci siano
pericoli. Invece arriva il boa, il boa che non ti morde, ma ti stringe,
ti stritola, ti soffoca, lentamente, certamente. Tu entri, vedi il boa,
lo ringrazi di essere venuto ad avvisarti e aspetti. Se Sankara avesse
trovato il boa a casa sua avrebbe capito. Lui era nato in una famiglia
cattolica, ma avrebbe capito, perché prima di essere cattolici o
musulmani noi siamo animisti... Guarda se c’è un boa in casa, prima di
sdraiarti» [...]
Addis Abeba, 29 luglio 1987, discorso di Thomas
Sankara all’ Assemblea Generale dell’Organizzazione per l’Unità
africana: «Quelli che ci hanno prestato denaro, sono gli stessi che ci
avevano colonizzato. Sono gli stessi che erano padroni dei nostri Stati e
delle nostre economie. Sono i colonizzatori che hanno indebitato
l’Africa. Noi non c’entriamo niente con questo debito. Quando diciamo
che il debito non sarà pagato non vuol dire che siamo contro la morale,
la dignità, il rispetto della parola. Noi pensiamo di non avere la
stessa morale degli altri. Tra il ricco e il povero non c’è la stessa
morale. La Bibbia e il Corano non possono servire nello stesso modo chi
sfrutta e chi è sfruttato. Ci devono essere due edizioni della Bibbia e
due del Corano. Non possiamo accettare che ci parlino di dignità. Noi
dobbiamo riconoscere che oggi i più grandi ladri sono i più ricchi. La
nostra miseria non è la nostra condizione naturale. La nostra
rivoluzione abbraccia le sfortune di tutti i popoli. Se mi lascerete
solo, questo sarà il mio ultimo discorso. [...]».
Chi ha ucciso il
presidente Sankara? Quanti colpi sono stati sparati, da quali armi? Le
stesse che aveva in dotazione l’esercito? Qualcuno di quelli che hanno
scavato le fosse sarà ancora vivo, bisogna cercarlo, perché ci racconti
come veramente sono andate le cose. Abbiamo bisogno di testimoni
oculari, dobbiamo finalmente conoscere la verità. [...]
Oggi,
Congo ha fretta. È tempo di Ramadan e ha promesso di portare delle
zollette di zucchero al suo vecchio padre, per nutrirlo durante il
giorno.
Sulla strada per raggiungere il villaggio dove abita il
padre, ci fermiamo a mangiare. Ordino due uova e patate fritte. Il cuoco
butta i gusci per terra, nell’angolo della spazzatura. Congo non
mangia, rispetta il Ramadan. Il sole fra poco inizierà a tramontare e
noi siamo in ritardo. Siamo sempre in ritardo.