La Repubblica, 6 luglio 2017
Il caso mondiale di Charlie Gard: staccare la spina o no?
Mariella Enoc.
Parla
la presidente del Bambino Gesù, Mariella Enoc: “L’accanimento
terapeutico? È una zona grigia…Nessuna illusione abbiamo obbedito
all’appello del Papa”
di Anna Rita Cillis
Roma
Ora per Charlie, il bimbo inglese di dieci mesi affetto da una malattia rara, sono al lavoro alcuni esperti internazionali per mettere a punto un trattamento sperimentale. «Tra loro c’è anche un ricercatore del Bambino Gesù», racconta Mariella Enoc, la presidente dell’ospedale pediatrico romano, lo stesso che nei giorni scorsi si era detto pronto ad accogliere il bambino. Ma le cose sono cambiate nel frattempo.
Presidente Enoc, cosa succederà adesso? Il ministro britannico Johnson è stato chiaro con il titolare della Farnesina Alfano, il piccolo non potrà essere trasferito in Italia, ci sono due sentenze.
«Il governo inglese ha già risposto al nostro governo, in più l’ospedale di Londra ci ha dato come condizione per l’eventuale trasferimento l’obbligo di applicare la sentenza dei giudici».
E voi che farete?
«Non possiamo né vogliamo fare quanto deciso dalla Corte Suprema, come abbiamo risposto ai medici inglesi non consideriamo questa opportunità, non saremo noi a staccare la spina al bambino».
Lei non pensa che in questo modo si prolunga inutilmente la sofferenza di Charlie?
«No se c’è speranza di cura e c’è la volontà dei genitori».
Qual è il confine con l’accanimento terapeutico?
«È una zona grigia come ha detto il cardinal Martini. La Chiesa è chiara: non si deve fare accanimento terapeutico prolungando le sofferenze con farmaci e macchinari. Charlie è solamente attaccato a una macchina che gli permette di respirare. Ma l’alleanza tra medici e genitori è un punto fondamentale per gestire questi casi».
Ora la mamma vi ha chiesto di verificare un protocollo di cura sperimentale.
«Ieri un nostro ricercatore è stato contattato da alcuni scienziati che, come lui, stanno seguendo lo sviluppo di una cura sperimentale, in queste ore sono in stretto contatto tra loro per sottoscrivere il trattamento da inviare poi alla madre di Charlie: toccherà a lei valutarlo con i suoi legali e riproporre eventualmente il caso alla Corte Suprema. Comunque il protocollo potrebbe essere applicabile a Roma come a Londra o New York».
Il caso ha avuto un’eco mondiale.
«Sì è vero, però possiamo dire che al di là di tutto ha aperto anche una discussione importante, due ore fa ho ricevuto l’appello di un’altra madre che si trova nella stessa situazione di quella di Charlie, bisognerà cominciare a parlarne seriamente».
Per Charlie è diventata una corsa contro il tempo?
«Non sappiamo cosa porterà il tempo. Ci sono più aspetti: da una parte ci sono due genitori che chiedono che non venga staccata la spina al figlio, la madre poi è una donna determinata, dall’altra c’è un team di medici che sta lavorando a un farmaco sperimentale. Si è creata una comunità scientifica virtuale affinché quel protocollo sia redatto al più presto nella speranza che il farmaco possa essere somministrato a Charlie, senza illusioni però».
Quanto tempo ci vorrà perché il trattamento sia pronto?
«Spero già domani (oggi,ndr) »
Si riaprono le speranze?
«Questo non lo sappiamo, so per esperienza però che la medicina è in continua evoluzione ed è una strana scienza, varia da soggetto a soggetto, questo farmaco non dà illusioni, è sperimentale, gli scienziati credono abbia delle potenzialità, non stiamo parlando di un singolo medico in cerca di pubblicità ma di un team internazionale. Vedremo ».
Quando il Bambino Gesù ha annunciato di essere pronto ad accogliere Charlie, qualcuno ha parlato di strumentalizzazione, non ha paura che ora si possa dire la stessa cosa?
«Noi non abbiamo strumentalizzato nulla, è stato difficile gestire la vicenda. Siamo un ospedale pediatrico, abbiamo a che fare ogni giorno con casi molto complicati. Abbiamo solo ritenuto giusto dar seguito all’appello del Santo Padre».
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