il manifesto 7.7.17
«Ci si oppone a Trump lottando per i diritti di migranti e rifugiati»
Intervista
a Breanne Butler. «Negli Stati uniti muoiono ancora troppe persone che
entrano dal Messico, morti orribili nel deserto. Il 20 giugno abbiamo
denunciato anche il Muslim ban trumpiano». «Il vostro paese è molto
avanti su parecchi temi, ma in Italia siete in ritardo per quanto
riguarda i diritti delle coppie gay: l’adozione non può essere impedita»
Breanne Butler (a destra) ad una manifestazione della "Women's march global"
di Massimo Franchi
«Ogni
giorno ne combina una differente, è così facile essere distratti. La
gente non si ricorda cosa è successo due giorni prima e così Trump la fa
franca. Sono certa che è una tattica e che gli consentirà di rimanere
in sella a lungo».
Fino a febbraio scorso Breanne Butler faceva la
cuoca a New York. La politica per lei «era una cosa lontana». Poi
l’impegno nella campagna di Hilary Clinton e, soprattutto, la reazione
alla vittoria di Trump e le sue prime mosse: Migrant ban in testa.
Breanne ha lasciato da parte i dolci e si è messa in moto, creando quasi
dal nulla una rete di donne per la più imponente marcia di protesta di
sempre: 500 mila persone a Washington, quasi 3 milioni in tutta America
in 700 manifestazioni.
Una rete che ora è diventata una Ong
globale per i diritti delle donne: «Women’s march Global». E che il 20
giugno in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato ha lanciato
una nuova mobilitazione con fiaccolate in moltissime città americane ed
europee. Il suo secondo viaggio in Italia è ancora una volta l’occasione
per partecipare alle iniziative della Fiom.
Breanne, da democratica convinta lei è a favore dell’impeachment contro Trump?
Credo
che sia una scelta molto complicata e rischiosa. Se ci si arrivasse,
bisognerà essere sicuri di avere i voti per deporlo, diversamente si
rischia di rafforzarlo nonostante tutte le cose negative che sta
facendo. Detto questo, credo che l’opposizione a Trump vada fatta
soprattutto lottando contro le sue politiche. Per questo noi della
Women’s march Global siamo concentrati a dare visibilità alla questione
dei migranti e dei rifugiati. Negli Stati Uniti muoiono ancora troppe
persone che entrano dal Messico, morti orribili nel deserto. Il 20
giugno abbiamo denunciato questa situazione portando avanti anche la
lotta al Muslim ban di Trump che qualche Stato ha già contestato nei
tribunali ottenendo le prime vittorie, così come alcune sconfitte.
La vostra azione è ormai globale. Oltre agli Stati Uniti quali campagne avete o state portando avanti in giro per il mondo?
Ultimamente
abbiamo ottenuto un ottimo successo in Inghilterra con la campagna per
la registrazione delle donne per le elezioni. Tramite i social network
siamo riusciti a convincere moltissime ragazze inglesi fra i 18 e i 24
anni con la campagna: «Mettiti le scarpe e vatti ad iscrivere». Il
risultato è stato strepitoso: il livello di partecipazione in quella
fascia di età è stato il più alto nella storia dell’Inghilterra. E
personalmente sono molto contenta di aver aiutato Jeremy Corbyn e il
Labour Party ad ottenere un ottimo risultato. Per il resto stiamo
portando avanti campagne contro la violenza sulle donne in Asia e in
Africa ottenendo ottimi riscontri di partecipazione da donne che finora
rimanevano in silenzio”.
Sì, il vostro Paese è molto avanti su
parecchi temi a partire dalla partecipazione femminile nel sindacato,
qui alla Fiom c’è Francesca Re David, alla Cgil c’è Susanna Camusso che
ho conosciuto e apprezzo. Ma la considerazione della donna nella società
italiana è molto retrograda. Per questo i nostri gruppi qua in Italia
lavorano proprio per dare voce alle donne vittime di violenza: solo
denunciando si può ottenere giustizia e quel cambio di mentalità
necessario. Un altro tema sul quale siete in ritardo sono i diritti
delle coppie gay: l’adozione non può essere impedita.
Tornando
agli Stati Uniti, la sconfitta di Hillary Clinton rischia di far saltare
per molto tempo la possibilità che una donna diventi presidente?
Secondo lei Elizabeth Warren, che molti danno fra i papabili per la
prossima candidatura, ne risentirà?
Lei è una grandissima donna e
una politica bravissima. Penso che la sconfitta di Hillary sia stata un
duro colpo ma è troppo presto per dire se avrà delle conseguenze sulla
possibilità che una donna democratica si ricandidi.
Credo che
Hillary – dopo un giusto periodo di distacco – farà grandi cose con la
sua associazione che come noi è impegnata per i diritti delle donne. Lei
era il politico più capace che ho conosciuto e il fatto che abbia perso
contro Trump rimane per me ancora incomprensibile. Chissà, forse potrà
aiutare Elizabeth Warren ad evitare gli errori che lei ha fatto in
campagna elettorale.