il manifesto 14.7.17
Il premio Nobel Liu Xiaobo è morto. Un duro colpo per l’immagine della Cina
Cina.
Pechino si ritrova così con un premio Nobel per la pace, ottenuto nel
2010, e mai ritirato, che muore in ospedale, sottoposto a un regime
carcerario. Era successo solo in un’altra occasione, nel 1939.
di Simone Pieranni
Di
sicuro la Cina supererà anche questo, ma la morte di Liu Xiaobo, in
ospedale ma di fatto agli arresti, costituisce un duro colpo
all’immagine che Pechino ha provato a diffondere negli ultimi tempi. Liu
Xiaobo era in carcere dal 2009, condannato a 11 anni per aver tentato
di «sovvertire» l’ordine statale cinese. negli ultimi tempi le sue
condizioni mediche si erano aggravate per un cancro al fegato in fase
terminale. La Cina gli aveva permesso le cure in un ospedale, benché
sottoposto al regime carcerario.
A NULLA SONO SERVITE le richieste
di amici e famiglia perché potesse essere curato all’estero,
eventualità che avrebbe anche permesso la sua liberazione. Pechino si
ritrova così con il vincitore di un premio Nobel per la pace, ottenuto
nel 2010, e mai ritirato, che muore in ospedale, sottoposto a un regime
carcerario. Era successo solo in un’altra occasione, nel 1939, sotto il
nazismo.
IL PREMIO NOBEL dell’epoca era morto sotto custodia dei
nazisti, non propria un bel precedente per Pechino. La Cina ha
dimostrato la sua durezza e spietatezza: prima ha arrestato Liu
punendolo in modo clamoroso, 11 anni per un reato di opinione; poi ha
impedito a lui e a sua moglie, ai domiciliari a Pechino da anni ormai,
di andare a ritirare il premio. Infine non gli ha concesso la libertà,
neanche quando era chiaro che le condizioni di Liu erano ormai
disperate.
LE REAZIONI non si sono fatte attendere. Il Comitato
per il premio Nobel ha accusato il governo cinese di essere responsabile
della morte «prematura» del vincitore del premio per la pace 2010:
«Abbiamo trovato molto sgradevole che Liu Xiaobo non sia stato
trasferito in una struttura dove avrebbe potuto ricevere cure mediche
adeguate prima di diventare un malato terminale».
L’alto
commissario delle Nazioni unite per i diritti umani, Zeid Raad Al
Hussein, ha specificato: «Proviamo un profondo dolore, il movimento per i
diritti umani ha perso un difensore dei sani principi, che ha dedicato
la sua vita a difendere e promuovere i diritti umani, in modo pacifico e
coerente, e che è stato incarcerato per essere rimasto saldo su ciò che
credeva». L’Onu, come gli Usa, hanno chiesto alla Cina di consentire a
Liu Xia, moglie di Liu Xiaobo, di potersi trasferire all’estero.