venerdì 14 luglio 2017

il manifesto 14.7.17
Gaza allo stremo: 2 ore di elettricità al giorno
Palestina. All'assedio israeliano che non permette l'ingresso continuativo di energia si aggiunge la disputa Anp-Hamas. Ospedali al collasso, frigoriferi e condizionatori spenti in un'estate torrida. Onu: «Tra 3 anni la Striscia invivibile». Da tutto il mondo appelli perché si intervenga
di Michele Giorgio

«A Gaza solo le famiglie ricche riescono a sopportare queste condizioni, gli altri possono solo provare a sopravvivere. Il caldo è insopportabile e la notte siamo al buio completo, senza energia elettrica».
Così ci diceva ieri sera Amer Hijazi, un abitante di Gaza. Si riferiva ai pochi palestinesi che, grazie a generatori elettrici privati, tengono in funzione frigoriferi, ventilatori e condizionatori d’aria. Più di tutto hanno la luce in casa, un «lusso» davvero raro a Gaza dove i due milioni di abitanti stanno affrontando uno dei periodi più difficili.
«Perché ci infliggono queste punizioni, siamo degli esseri umani», ripeteva Hijazi accusando chi tiene Gaza in questa condizione: Israele, l’Egitto e, sempre di più, anche l’Anp di Abu Mazen e il movimento islamico Hamas impegnati in una disputa politica di cui pagano le conseguenze solo i civili.
L’unica centrale che fornisce energia elettrica a Gaza è stata di nuovo chiusa mercoledì sera per mancanza di gasolio interrompendo la fornitura quotidiana di 60 megawatt. L’elettricità che arriva dall’Egitto non è disponibile per guasti alle linee di trasmissione.
Da ieri perciò, su un fabbisogno estivo di 450 megawatt, Gaza può contare solo su 70 che giungono da Israele. Fino a qualche settimana fa la fornitura era maggiore ma Abu Mazen – per mettere sotto pressione Hamas – ha annunciato che avrebbe pagato solo il 60% della bolletta energetica di Gaza, aprendo la strada ad un’ulteriore riduzione.
Alla fine di giugno la crisi era stata parzialmente alleviata da alcuni milioni di litri di gasolio forniti dall’Egitto che avevano consentito alla centrale elettrica di operare a metà potenza.
Le forniture sono state interrotte dopo gli attacchi dell’Isis ai soldati egiziani nel Sinai. Si sussurra però che l’alt alle autocisterne dirette a Gaza sia il risultato delle pressioni dell’Anp sul presidente egiziano al Sisi.
«Questa situazione non è sostenibile – avverte Mohammed Thabet, della società per l’energia elettrica di Gaza – La gente non può avere una vita normale con 2-3 ore di elettricità al giorno».
Alla crisi energetica e alla cronica scarsità di acqua potabile, si è aggiunta la politica di «disimpegno» (non dichiarato) di Abu Mazen che ha ridotto salari e sussidi ai dipendenti dell’Anp (oltre 6mila dei quali sono stati «pensionati») per costringere Hamas a rinunciare al controllo di Gaza.
Riflessi gravi dello scontro si hanno anche sull’assistenza ai malati gravi di Gaza. Gli islamisti da parte loro rifiutano di sciogliere il loro «comitato governativo» e di permettere che un esecutivo di «consenso nazionale», guidato dal premier dell’Anp a Ramallah, estenda la sua autorità su Gaza.
Un quadro di eccezionale gravità che martedì ha visto il responsabile dell’Onu per gli affari umanitari, Robert Piper, dichiarare Gaza «invivibile» con tre anni di anticipo rispetto ai tempi indicati dall’Onu nel 2012.
Si moltiplicano gli appelli a livello internazionale. «Gaza deve vivere per la vita di tutta la Palestina» (www.we4gaza.org) raccoglie adesioni ovunque, anche in Italia, contro le politiche di «assedio» di Gaza praticate da Israele e sostenute dall’Egitto: «Non si tratta di una catastrofe naturale, ma prodotta dall’uomo».
Altrettanto forte è l’appello della Rete degli ebrei contro l’occupazione che chiede l’afflusso immediato di energia, la cessazione dell’assedio di Gaza e la fine dell’occupazione militare israeliana della Cisgiordania.