Il Fatto 11.7.17
Il caso Contrada è la vera offesa a Falcone
di Gian Carlo Caselli | 11 luglio 2017
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Proviamo a fissare alcuni punti imprescindibili per ragionare sulla sentenza della Cassazione del caso Contrada.
1)
La responsabilità del dott. Contrada per i gravissimi fatti che egli ha
commesso è supportata da solide prove riscontrate da molti giudici
(Tribunale, due volte la Corte d’Appello e Cassazione). Lo stesso
ufficio che ora ha cambiato idea negando validità alla condanna
definitiva.
2) La mafia non è solo kalashnikov, tritolo e traffici
vari a partire dalla droga. Questo è il lato militare/gansteristico del
pianeta mafia. Ma c’è anche quello oscuro e osceno (nel senso letterale
e traslato di “fuori scena”). Sono le collusioni segrete con persone
delle istituzioni e dell’imprenditoria. Quelle che contribuiscono alla
conservazione e al rafforzamento dell’organizzazione. La sua spina
dorsale. È proprio quel che ha fatto Contrada sistematicamente. Per
esempio favorendo la continuazione della latitanza di alcuni boss, tra
cui Salvatore Riina. Per cui sostenere che Contrada non sapeva di
violare la legge penale è roba surreale. Che ricorda certe battute di
Totò delle quali un illustre critico ha detto “che mettono in dubbio la
stessa esistenza della realtà”.
3) L’unico strumento per
contrastare le collusioni è il concorso esterno in associazione mafiosa
(416 bis). Negare la configurabilità del concorso esterno, nerbo della
mafia, equivale in pratica a negare la stessa mafia. Lo hanno fatto –
senza minimamente curarsi della concretezza dei fatti – la CEDU (Corte
europea dei diritti dell’uomo) e la Cassazione, la cui decisione avrebbe
ricalcato la CEDU. Passi per quest’ultima, formata in stragrande
maggioranza da magistrati stranieri. Ma la Cassazione no! Sa bene che
Cosa Nostra esiste. Sa bene che negare il concorso esterno significa
colpire l’unica concreta possibilità (ai tempi di Contrada come oggi) di
intervenire contro le collusioni, elemento vitale della mafia. Negare
il concorso esterno è un’offesa alla logica e al buonsenso. Soprattutto è
un’offesa a Giovanni Falcone che di questo strumento aveva fatto uso.
Per di più sostenendo (ordinanza-sentenza del maxiter del 17 luglio
1987) che “le collusioni di persone inserite nelle pubbliche
istituzioni… sono sussumibili a titolo concorsuale. E bisogna farlo se
davvero si vuole ‘voltare pagina’ per contrastare efficacemente ‘la
crescita di Cosa Nostra e la sua natura di contropotere’.
4)
Dunque è una bufala che non esista il concorso esterno in associazione
mafiosa. Esiste da sempre nel nostro ordinamento per tutti reati, in
base all’art. 110 del codice penale. Nel furto è colpevole il ladro ma
anche il palo, che realizza appunto il reato di concorso esterno. E non
si capisce perché quel che vale per tutti i reati non debba valere anche
per la mafia. Salvo concedere un privilegio inammissibile ai collusi
(in prevalenza “eccellenti”…) e alla organizzazione criminale.
5)
Un’altra bufala è che il concorso esterno in mafia ha cominciato ad
esistere solo dopo le elaborazioni della Cassazione. A parte che mai la
suprema Corte ha ipotizzato una tesi così stramba, pur essendosi
occupata della materia decine e decine di volte, l’elaborazione
presuppone necessariamente il reato. Se non c’è reato non c’è neanche
possibilità di elaborazione. Elementare!
6) Infine io non credo
che la Cassazione possa accucciarsi pedissequamente su una sentenza
straniera, sia pure della CEDU. Penso debba prima operare una rigorosa
verifica della rispondenza alla specificità del caso concreto. E qui si
tratta di configurabilità del concorso esterno, già riscontrata da
quattro sentenze emesse – si badi – in nome del popolo italiano. Ne va
dell’indipendenza della magistratura! Un fondamentale valore
costituzionale. Di cui tutti i magistrati devono essere gelosi. Persino
la Cassazione…
di Gian Carlo Caselli |