Il Fatto 10.7.17
“Le Fs sono avvertite: l’Authority fermerà il super monopolio”
Andrea
Camanzi - Il presidente delle Autorità di regolazione dei trasporti
vede i rischi del processo di espansione delle Ferrovie
di Giorgio Meletti
Nei
sistemi di trasporto è in corso un cambio epocale, si va verso i
sistemi integrati di mobilità. Dobbiamo impedire che ai vecchi monopoli
se ne sostituiscano di nuovi e più estesi”. Andrea Camanzi da quattro
anni rema controcorrente alla guida della nuova Autorità di regolazione
dei trasporti. La politica l’ha costituita con vent’anni di ritardo e
con poteri limitati, inchinandosi alle lobby ferroviaria e autostradale.
Adesso deve fronteggiare l’espansionismo delle Fs, che comprano
autolinee su gomma e metropolitane per superare il mercato della tratta
ferroviaria e offrire il pacchetto completo di mobilità da porta a
porta.
L’ad delle Fs Renato Mazzoncini ha un programma ambizioso.
Si è preso l’Anas, abbiamo già gli autobus Fs, metro Fs, parla di
accordi con Uber e Blablacar, magari vorrà vendere le scarpe per chi va a
piedi. Non rischiamo un monopolio da incubo?
Le imprese fanno
bene a cercare di trarre vantaggio dai cambiamenti di scenario. La
tecnologia consente di superare la frantumazione per cui devi comprare
il biglietto dell’autobus per andare alla stazione, il biglietto del
treno, e poi un altro biglietto di autobus per raggiungere l’albergo
prenotato con la quarta transazione. Il nostro compito è evitare la
trasposizione meccanica delle posizioni dominanti tradizionali nei nuovi
mercati.
Ne avete il potere?
Si tratta di fare due cose. Un
sistema di regole che renda i mercati contendibili e favorire nuovi
servizi utilizzando anche piattaforme integrate globali che già
esistono. Abbiamo il potere di farlo e lo faremo.
Finora l’Autorità dei trasporti sembra incidere poco e i monopolisti continuano a spadroneggiare.
A
me non sembrano così contenti. L’apparenza inganna, noi non agiamo sul
rapporto con la clientela ma diamo le regole agli operatori, perciò i
nostri interventi sono poco conosciuti al pubblico. Però senza di noi
Ntv, la società del treno Italo, avrebbe avuto condizioni ben peggiori
per realizzare i suoi piani di sviluppo. Abbiamo salvato la concorrenza
garantendo a Italo parità di accesso alle stazioni con le Frecce di
Trenitalia e dimezzando il pedaggio pagato a Rfi (la società Fs per la
rete, consorella di Trenitalia), senza che peraltro i bilanci Rfi ne
abbiano sofferto.
Sul Fatto il professor Marco Ponti ha sollevato
il tema del rapporto costi-benefici degli investimenti ferroviari, sui
quali lo Stato continua a svenarsi. Che cosa dice l’Autorità?
Dice
che il ministero delle Infrastrutture sta discutendo con Rfi il
contratto di programma per il triennio 2017-19 e noi abbiamo dato il
nostro parere, obbligatorio per legge, che contiene nuovi criteri sugli
investimenti.
Siete in grado di intervenire sul deplorevole trattamento che i pendolari subiscono da Trenitalia?
Lo
abbiamo già fatto, anche se questioni così complesse ci costringono a
perseguire una rivoluzione silenziosa che manifesterà i suoi effetti nei
prossimi anni. Ci sono da riaffidare i contratti di servizio tra le
Regioni e Trenitalia e abbiamo fissato nuove condizioni minime di
qualità del trasporto ferroviario regionale. I vecchi contratti li
abbiamo studiati: praticamente si occupano solo di puntualità e pulizia,
e solo nel 44 per cento dei casi si parla di affollamento dei treni.
Abbiamo scelto otto indicatori di qualità, includendo comfort,
accessibilità alle informazioni, fruibilità delle biglietterie. Ma è
tutta la filosofia dell’obbligo di servizio pubblico in crisi, e non
solo in Italia.
Perché?
Non è efficiente, costa molto e i
controlli sono difficili. Non garantisce la qualità ai passeggeri. Non è
flessibile, perché cristallizza l’offerta di treni in contratto
pluriennali. I treni locali possono diventare meno costosi per lo Stato e
più soddisfacenti per i pendolari, quindi più competitivi rispetto
all’auto privata.
Il legislatore vi ha affidato la vigilanza solo
sulle concessioni autostradali nuove. Considerando che il grosso della
rete italiana ce l’ha Autostrade per l’Italia per i prossimi 25 anni,
sembra un po’ una beffa.
Io sono più fiducioso. Sono in scadenza
alcune tratte del gruppo Gavio, tra cui la Torino-Aosta e la
Torino-Piacenza, e noi abbiamo adottato nei giorni scorsi o schema di
concessione e il modello tariffario che saranno alla base della gara.
Contengono radicali novità. Per esempio si sposta dallo Stato al
concessionario il rischio di traffico e si fissano le tariffe sulla base
di obiettivi di efficienza dei costi del gestore e tasso di
remunerazione del capitale investito stabiliti da noi. È vero, questa
rivoluzione riguarderà una parte minore della rete autostradale, però
tutti vedranno le differenze tra i due mondi e nulla sarà come prima.
di Giorgio Meletti