Corriere 15.7.17
Landini nella segreteria del sindacato: ma non è opportunismo
«La Cgil sia autonoma dai partiti Io in politica? Mi viene da ridere»
di Enrico Marro
ROMA Dopo 16 anni un leader Fiom entra nella segreteria della Cgil. Che significa?
«Che c’è l’impegno della Cgil a lavorare per una gestione unitaria che valorizzi il pluralismo», risponde Maurizio Landini.
Lei è tra i candidati alla successione di Susanna Camusso nel 2018?
«Il
problema ora non è discutere chi sarà il prossimo segretario della
Cgil, ma quale iniziativa mettiamo in campo a settembre su pensioni,
fisco e manovra, e come proseguiamo la battaglia per cancellare il Jobs
act».
Il governo Gentiloni è meglio di quello Renzi?
«Sul
piano del tono, dei rapporti, delle attenzioni sì, nel senso che sta
offrendo momenti di confronto. Ma se lo guardo sul piano delle scelte
no. La vicenda dei voucher dimostra che nulla è cambiato».
Cosa ha sbagliato Renzi?
«Ha
usato il premio maggioritario per fare leggi che non avevano il
consenso della maggioranza nel Paese, senza neppure confrontarsi con
forze sociali che rappresentano milioni e milioni di persone. Inoltre,
il Jobs act, al di là della propaganda, non ha ridotto la precarietà per
i giovani, anzi. Infine, Renzi non ha capito la lezione del referendum:
questo Paese non ha bisogno di divisioni ma di unità per risolvere i
problemi».
Mdp e Pisapia possono essere il nuovo riferimento per la Cgil?
«La
Cgil deve essere autonoma e indipendente dalle forze politiche. Deve
avere le sue proposte e confrontarsi alla pari su queste, non sostenere
questo o quel partito. Poi, se ci sono persone che considerano
necessario recuperare la rappresentanza politica del mondo del lavoro,
da sindacalista e cittadino sono contento. Il punto, però, non è tanto
quello di ricostruire la sinistra, che riguarda tutta l’Europa, ma di
ricostruire una unità sociale del lavoro capace di condizionare la
politica».
Pisapia ha detto che non si candiderà. Che ne pensa?
«Che
bisognerebbe uscire dalla logica del leaderismo, che allontana i
cittadini dalla politica e ripartire dai contenuti. Di Pisapia sono
amico, è una bravissima persona, anche se alcune sue scelte come quella
sul referendum non le ho condivise. Penso che tutti coloro che vogliono
mettere in discussione le scelte del governo contro il lavoro fanno bene
a mettersi insieme».
Se chiedessero a lei di candidarsi?
Ride.
«No, scusi ma viene da ridere. Dal 2010 me lo chiedono. La risposta? Se
ho accettato di entrare nella segreteria Cgil non è per opportunismo o
in una logica di transizione».
Ha detto: «Il sindacato deve cambiare radicalmente altrimenti rischia l’esistenza».
«Sì.
Le forze politiche, da Grillo al Pd alla destra, che parlano di
disintermediazione e attaccano i contratti nazionali, aprendo uno
scenario più americano che europeo, vogliono mettere in discussione il
sindacato. Quando dico di cambiare mi riferisco a come allarghiamo la
nostra rappresentanza oltre il lavoro dipendente. Serve una nuova unità
del lavoro a partire dai diritti, mentre le innovazioni ci chiedono di
ridefinire il perimetro di categorie e contratti».