Corriere 15.7.17
Femminicidi la lunga battaglia
di Gian Antonio Stella
«È
l’istinto che ordina: uccidi. E ciò risponde anche a morale perché
tutto ciò che è a difesa della famiglia è voluto da Dio!». È passato
mezzo secolo da quel 1961 in cui l’avvocato e deputato crotonese Titta
Madia si avventurò in quell’arringa mostruosa in difesa di un «assassino
per onore». Dovuto all’«insopprimibile istinto dell’uomo di difendere
il proprio focolare». E davanti alle quattro donne che nelle ultimissime
ore sono state ammazzate o ridotte in fin di vita a Bari, Caserta,
Siena, Cagliari, ti chiedi sgomento: ancora? Ancora? Ancora?
«Che
noia, questi femminicidi!», sbuffano sul fronte opposto i sedicenti
«maschi alfa», «maschi selvatici» e via così, infastiditi dalla
crescente attenzione all’interminabile catena di delitti. E gli uomini
uccisi, allora? Uffa, sempre le donne… Neanche il tempo che Franco
Gabrielli, in audizione alla Commissione di inchiesta, manifestasse una
cauta fiducia sulla «progressiva riduzione» dei femminicidi, passati dai
124 del 2011 ai 111 del 2016 (-11%), e la grandinata di violenza ha
spazzato ogni fragile ottimismo. Sono già almeno una cinquantina, nel
solo 2017, le donne vittime della violenza di mariti ed ex, fidanzati ed
ex, compagni ed ex… Per un totale, certifica la conta quotidiana del
nostro blog al femminile La27esimaora , di 660 mogli, fidanzate,
compagne ammazzate negli ultimi cinque anni… In larga parte, dice il
rapporto «Gli omicidi delle donne» di Marzio Barbagli e Alessandra
Minello, accoltellate, strangolate, bruciate vive…
C erto, gli
stessi autori dimostrano dati alla mano che il numero delle donne
assassinate è da decenni in calo costante. Da quattro ogni centomila
abitanti tra gli anni Quaranta e Cinquanta a meno di 0,5 nel 2016. Con
una accelerazione (evviva) negli ultimi quindici anni. Il tutto, però,
all’interno di un calo generalizzato degli assassinii molto più vistoso e
virtuoso. Tanto che «nell’ultimo ventennio l’Italia ha avuto un tasso
di omicidio più basso del Regno Unito e della Francia, che per secoli
sono stati, da questo punto di vista, Paesi più sicuri». Un esempio dice
tutto: in Calabria e in Sicilia «la frequenza degli omicidi era nel
1991 ben tredici volte maggiore di oggi».
Effetti della «pax
mafiosa» che in nome del business contempla meno lupare assordanti e più
società silenti? Può darsi. Certo è che per gli studiosi i femminicidi
sono scesi molto meno degli omicidi in generale. Tesi condivisa da
Franco Gabrielli: «In un periodo di complessivo calo degli omicidi,
infatti, le uccisioni di donne rappresentano la maggioranza degli
episodi». Un fenomeno «frutto d’una subcultura» purtroppo radicata.
Quella cultura del possesso, del «maschio selvatico», del «maschio
cacciatore per natura», del «maschio padrone» che ripetutamente aggalla.
La
madre che difende il figlio assassino: «Lei se l’è tirata: glielo aveva
detto mille volte di lavare i piatti». Il sindaco che sdrammatizza lo
stupro di gruppo di una quindicenne, costretta a lasciare il paese per
trasferirsi all’estero, da parte di una dozzina di coetanei: «È stata
una bambinata». La giovane messinese che difende il «fidanzato» che
voleva darle fuoco con la benzina postando su Facebook: «Fatevi i cavoli
vostri, so io cosa è successo e so io ciò che sento e provo». E cosa
prova? Gli scrive: «Sono pazza di te», «Ti amo», «Solo tu», «Ho il cuore
a pezzi». Per non dire del commento della sventurata Barbara D’Urso:
«Ci sono uomini che per troppo amore fanno cose che non vorrebbero
fare».
È una Italia che non cambia mai? Un Paese dalla cui pancia
escono ancora, a ogni processo, quegli avvocati che, spiegò il
meridionalista Francesco Compagna al grande Gigi Ghirotti, han vissuto
per decenni l’arringa in difesa dell’omicida d’onore come «la scena
madre» di tutti i «“gigioni” del foro»? Fino a dire, come il difensore
di un siracusano condannato a 12 anni a Firenze, che «le giurie popolari
dovrebbero essere composte da siciliani, quando sono in discussione
fatti avvenuti tra siciliani»?
Eppure guai ad arrendersi. E
sospirare sull’ineluttabilità di questi delitti che «sempre ci sono
stati e sempre ci saranno». È cambiato il mondo, rispetto a una volta.
Lo dice il coro di indignazione che sale a ogni delitto. Lo dice la
costanza con cui tante donne hanno tenuto duro come Emanuela Valente,
che dopo aver fondato la banca dati inquantodonna.it fu messa nel mirino
da un uomo che odia le donne: «Purtroppo tra le ammazzate non c’è
ancora la Valente, ma speriamo che presto il vuoto venga colmato». Lo
dice la condanna del magistrato che prese sottogamba per dodici volte le
denunce di Marianna Manduca prima che fosse uccisa. Lo dice una nuova
consapevolezza di tanti uomini.
Lo dice, infine, anche una lettera
inviata ieri da Francesca Landi di ActionAid. Che tra le vittime dei
recenti femminicidi ha riconosciuto donne che avevano aderito alla
campagna dell’Ong e cambiata l’immagine del profilo Facebook
«inserendola all’interno di una cornice segnata dalla frase “No alla
violenza sulle donne”».
C’erano tra loro Maria Timo, Antonietta Di
Nunno, Arianna Rivara, altre ancora… Certo, non poteva bastare quel
piccolo gesto a salvar loro la vita. La battaglia sarà ancora lunga. E
ci saranno, purtroppo, altre vittime fragili e indifese. Ma alla fine,
potete scommetterci, il lupo travestito d’agnello sarà sconfitto.