Corriere 14.7.17
Gramsci, la doppia illusione
di Antonio Carioti
Commuove
la vicenda personale di Antonio Gramsci, sbalordisce l’energia della
sua mente. Malato, incarcerato, isolato, riesce a produrre riflessioni
teoriche di prim’ordine. Ma l’omaggio al martire, morto 80 anni fa, deve
accompagnarsi alla lettura critica di un pensiero che affina, ma non
smentisce il primato assoluto del partito sul popolo, classe operaia
compresa, tipico del bolscevismo.
Lo illustra Luciano Pellicani
nel capitolo su Gramsci del libro Cattivi maestri della sinistra
(Rubbettino), in cui prende di mira anche Palmiro Togliatti, György
Lukacs, Jean-Paul Sartre, Herbert Marcuse. Tornando al leader sardo,
egli comprende che l’esperienza sovietica non si può ricalcare in
Occidente, quindi propone di sostituire alla presa violenta del potere
la conquista della società civile attraverso l’egemonia culturale. Ma
rimane prigioniero, nota Pellicani, di due illusioni fatali: l’idea che
sopprimere il mercato porterà progresso e giustizia, la convinzione che
tale processo debba essere guidato dalla dittatura degli intellettuali
rivoluzionari organizzati in partito, il «moderno Principe».