giovedì 13 luglio 2017

Corriere 13.7.17
Le divisioni nel Pd sullo ius soli I sindaci: «Un errore approvarlo adesso»
di Maria Teresa Meli

ROMA Il leader del Pd Matteo Renzi vorrebbe che il Parlamento approvasse lo ius soli prima dell’estate. Ancora ieri Matteo Orfini, che con il segretario è in grande sintonia, osservava: «Ci hanno spiegato che la legislatura doveva andare avanti perché c’erano leggi fondamentali da approvare e lo ius soli è tra queste. Perciò ricorriamo anche alla fiducia».
Orfini pronunciava queste parole nonostante la situazione che si è venuta a creare al Senato, dove il decreto sui vaccini rischia di prendere la maggior parte del tempo disponibile di qui alla pausa estiva. Il governo infatti ha deciso di non porre la questione di fiducia sul provvedimento della ministra della Salute Beatrice Lorenzin e per questa ragione a Palazzo Madama Gentiloni è stato accusato di aver scelto un metodo democristiano — e soft — per procrastinare all’infinito la legge che sta a cuore al segretario del suo partito.
Ma le cose non stanno così. Il vero braccio di ferro non è tra il governo e Renzi, ma tra Renzi e lo stesso Pd. Due terzi dei gruppi parlamentari del Partito democratico — a iniziare dal presidente dei deputati Ettore Rosato, per fare un nome — non vorrebbe che lo ius soli venisse approvato prima dell’estate. Sono dello stesso avviso i sindaci del Pd, i quali hanno chiesto a Renzi di «aspettare che finisca l’emergenza estiva dei migranti prima di andare avanti con quel provvedimento». Anche Dario Nardella, primo cittadino di Firenze, è di questo avviso: «Approvare lo ius soli adesso sarebbe una pazzia», confida ai suoi collaboratori il sindaco del capoluogo toscano.
Nessuno nel Pd intende non far passare una legge che era nel programma del partito, ma c’è il timore che farlo adesso, mentre riprendono, massicci, gli sbarchi, sia un pessimo segnale. Renzi sa del travaglio del suo partito ma comunque vuole mandare in porto il provvedimento prima della pausa estiva. Lo ha spiegato a Paolo Gentiloni, con il quale, ha precisato ai suoi, «non ho intenzione alcuna di litigare». E il presidente del consiglio, in realtà, non ha delle preclusioni rispetto all’idea di mettere la fiducia sullo ius soli. «Possiamo anche tirare la corda, basta che non si spezzi... Proviamo con la fiducia la settimana prossima», ha annunciato ai collaboratori.
Il premier non teme che il suo governo possa cadere su questo provvedimento. Anche i centristi infatti non sono contrari, come ha spiegato Maurizio Lupi a Renzi (il segretario del Pd non parla più direttamente con Alfano da tempo, ed è il capogruppo alla Camera a fare da ambasciatore). «Facciamolo pure, ma facciamolo dopo», ha detto Lupi a Renzi. E comunque gli ha lasciato intendere che se, come pare, i tempi saranno più ravvicinati, i centristi voteranno la fiducia.
Dunque Gentiloni non crede che il segretario voglia utilizzare lo ius soli per far saltare il governo. E in realtà, al di là delle dichiarazioni ufficiali, non ci credono nemmeno quelli delle opposizioni.
Semplicemente, Gentiloni era più prudente perché mosso dalle stesse preoccupazioni che agitano i sindaci del Partito democratico: meglio evitare di approvare lo ius soli in piena estate, quando i migranti arrivano in massa sulle coste italiane. Perciò, benché sia disposto a mettere la fiducia, e sia orientato a chiederla la settimana prossima, avrebbe preferito che fosse stato Renzi, a nome del Pd, a chiederla.
Ma il segretario, che pure vuole centrare l’obiettivo prima dell’estate, non intende fare una richiesta esplicita sulla fiducia. Perché? Perché Renzi — che è sempre attento ai sondaggi — sa che alla maggior parte degli italiani lo ius soli non piace.