Corriere 10.7.17
L’età del rancore e della nostalgia
di Giuseppe De Rita
Rancore
e nostalgia sono i due sentimenti in mezzo ai quali ondeggia
l’elettorato in vista del voto: uno scenario non proprio entusiasmante.
N
egli ondeggiamenti politici italiani comincia a delinearsi la
sorprendente contrapposizione fra due sentimenti collettivi di
significativa attrattività elettorale: il rancore e la nostalgia.
Il
primo è sulla scena da qualche anno ed è stato molto studiato e
adeguatamente sfruttato (da grillini, leghisti e loro dintorni) per
creare un esplicito fronte di risentimento antipolitico. Mentre la
nostalgia è la «nuova entrata» nei sentimenti collettivi a potenziale
influsso politico. Se ripercorriamo la cronaca degli ultimi mesi
troviamo evidenti cedimenti nostalgici: al ricordo di alcuni
protagonisti del passato (da Rodotà a Villaggio); al rientro in campo di
qualche antico leader politico (da Prodi a Berlusconi); al
compiacimento per il successo museale della mitica 500; al ripercorrere,
sotto il palco di Vasco Rossi, quarant'anni di nostre storie personali;
al risveglio della logica proporzionale per le future elezioni
politiche; al rimpianto per l’intervento pubblico nell’economia e sul
territorio (ho letto addirittura, specie nelle zone terremotate,
sorprendenti richiami alle soppresse Province. È probabile, su queste
basi, che la nostalgia possa diventare una variabile importante nelle
prossime vicende politiche.
Certo non è entusiasmante pensare ad
una campagna elettorale segnata insieme dal malanimo del rancore e dal
languore della nostalgia; e ci sarebbe da augurarsi che ad essi si
contrapponesse un più freddo realismo delle cose. Ma il realismo non è
un sentimento mobilitante delle masse; ed in attesa di un suo eventuale
arrivo conviene approfondire i due sentimenti oggi in maggioranza. Di
essi, quello più incardinato nella nostra composizione sociale è certo
il rancore: viene infatti dalle frustrazioni e dalle rabbie di un ceto
medio che non è riuscito ad andare più in alto «perché l’ascensore
sociale si è fermato»; frustrazioni e rabbie su cui si sono costruiti
pesanti apparati organizzativi e ambiziosi leader che puntano tutta la
loro posta sul protagonismo del rancore.
Al contrario la nostalgia
è politicamente ancora ad uno stato larvale, quindi in una condizione
di esplicita debolezza di fronte alle vigorose emozioni espresse dagli
attori del rancore, cui del resto riesce facile l’ironia verso la
riesumazione di sfiniti protagonisti e di sgualcite piattaforme
programmatiche. Ma la condizione larvale nasconde sempre potenzialità di
estensione e diffusione, per canalette d’opinione liquide e lontane
dalla impressività delle cronache. In una Italia dove resta in vita il
sommerso e trionfa il primato del cash (non a caso anche essi circonfusi
di un passato ben apprezzato) un sentimento collettivo indistinto come
la nostalgia può propalarsi nel «sotto-sotto», della vita quotidiana,
anche senza dover ricorrere a quella personalizzazione della leadership
che caratterizza invece l’espressione pubblica del rancore.
Quest’ultimo
sembra comunque per ora favorito come incentivo di voto, ma è possibile
che i giuochi non siano ancora fatti, e che non sia prevedibile quale
dei due sentimenti in questione avrà più presa elettorale. Qualcuno avrà
anche la tentazione di «sparigliare», proponendo una proposta
sociopolitica alternativa, meno ricca di sentimenti collettivi e più
solida di contenuti. Si può tentare, ma va ricordato che sarebbe un
compito molto lungo, visto che occorrerà prima arrivare a decifrare quel
che sta avvenendo in quel sottofondo emotivo dove rancore e nostalgia
hanno proliferato ed assunto protagonismo politico .