il manifesto 8.2.19
Prodi dice sì a Zingaretti, ma ora deve riempire i gazebo
Congresso/
Le primarie del Pd. L'appello di Zingaretti: al popolo del
centrosinistra dico che è tempo di ricostruire una proposta e una
identità diversa per l’Italia. Io ce la metto tutta
d.p.
Nel
Pd «c’è bisogno di una figura autorevole, che sappia finalmente
ascoltare, riconciliare, tranquillizzare ma anche decidere» e questa
figura può essere Nicola Zingaretti, «se intensifica il lavoro di
allargamento e di pacificazione che ha iniziato» ma «lo dovranno
decidere le centinaia di migliaia di cittadini che voteranno alle
primarie».
Romano Prodi ci ha ripensato. Solo pochi giorni fa
aveva detto di non vedere né un leader né un progetto nelle Pd impegnato
nelle primarie. Ieri invece con un’intervista a Repubblica ha formulato
un endorsement in piena regola per Zingaretti. In mezzo c’è stato un
pranzo bolognese di ’chiarimento’ fra i due – che fin lì non si erano
parlati – e anche il lavorio di Sandra Zampa, ex deputata Pd e storica
portavoce di Prodi, a favore delpresidente del Lazio.
Così
Zingaretti si aggiudica la agognata benedizione del padre dell’Ulivo e
dell’Unione, le coalizioni di centrosinistra che hanno vinto (ai tempi
del maggioritario). Il professore, che giura di voler fare solo «il
nonno» e dispensare consigli, torna ad avvicinarsi al Pd dopo gli anni
in cui aveva levato «la tenda», insomma gli anni renziani. Il fatto è
poco più che simbolico ma abbastanza per far indispettire lo sfidante
Maurizio Martina: «Io penso che al Pd, oggi come mai, servano figli, più
che padri», dice, rispolverando il renzianissimo concetto di
rottamazione, «Penso a una nuova generazione in campo per combattere
questa destra pericolosa e rilanciare il nostro impegno fondamentale per
la nuova Europa».
Prodi non è piaciuto neanche a Carlo Calenda,
che dopo gli iniziali entusiasmi – tutti diplomatici, ma lo capisce solo
ora – comincia a vedere allungata la lista degli scettici sulla sua
operazione «Siamo europei». Una cosa è diventare «papà del Pd», dice,
un’altra di «tutto il centrosinistra allargato». Allargato ma chiuso a
sinistra, nella versione calendiana che respinge gli ex Pd e incassa
molto scetticismo da parte di +Europa e Italia in Comune di Pizzarotti,
sui quali aveva contato.
Un’idea che non è quella di Zingaretti,
ormai è chiaro, che invece ha aperto le porte – fin qui con molte
cautele, persino pericolosamente troppe – a un pezzo della sinistra a
sinistra del Pd tramite il suo braccio destro Massimiliano Smeriglio e
la ex presidente della Camera Laura Boldrini.
Ma Prodi avverte
anche che «un leader prende la sua forza dal popolo». Insomma indica il
vero punto della competizione, l’affluenza alle primarie. Zingaretti sa
che la vittoria senza una partecipazione di almeno un milione di votanti
– questa l’asticella che circola, anche tutti negano – produrrebbe un
segretario debole, dentro e fuori dal partito. Per questo ora il massimo
sforzo di Piazza Grande, il suo movimento-mozione è tutto per la
mobilitazione. Iinsieme a Martina sabato 9 febbraio sarà a Roma alla
prima grande mobilitazione unitaria di Cgile Cisl e Uil. E per questo ha
organizzato una «mobilitazione» dei suoi dal 15 al 17 febbraio. Gli
ultimi sondaggi lo danno in testa con il 55 per cento, secondo Martina
con il 37 e Giachetti staccato con l’8. E infine per questo ha in
programma una serie di appelli» rivolti agli elettori e agli ex elettori
ormai lontani dal Pd. Il primo è arrivato ieri: «Al popolo del
centrosinistra dico che è tempo di ricostruire una proposta e una
identità diversa per l’Italia. Io ce la metterò tutta da parte mia, ma
tutti si devono sentire investiti da questa missione democratica»