lunedì 11 febbraio 2019

Corriere 11.2.19
Il racconto delle foibe per ricordare la ferocia di quegli anni terribili
di Aldo Grasso


«Le foibe sono un terribile, selvaggio, crudele delitto, che peserà per sempre nei cuori e nelle anime degli assassini. Ma il delitto più grande, più spregevole, è quello di aver costretto 350.000 persone ad abbandonare le loro case, dove per secoli avevano vissuto laboriosamente, sotto il lunghissimo dominio di Venezia e successivamente dell’Impero Austro-Ungarico e del Regno d’Italia. E dove ogni pietra parlava italiano».
Così Toni Concina, nel ricordare la solennità civile del Giorno del Ricordo (10 febbraio). Per l’occasione, Rai3 ha trasmesso il film Red Land- Rosso Istria, con Selene Gandini, Franco Nero, Geraldine Chaplin e la regia di Maximiliano Hernando Bruno. È la storia di Norma Cossetto, giovane studentessa istriana, laureanda all’Università di Padova, barbaramente violentata e uccisa dai partigiani iugoslavi e il suo corpo martoriato gettato nella foiba di Villa Surani.
Ma è anche la storia della ferocia con cui agivano i titini contro gli italiani solo perché italiani, la storia di Fiume, di Pola di Zara. Fra il 1943 e il 1947, nelle foibe dell’Istria (cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo) sono stati gettati 10.000 italiani. Venivano legati l’un l’altro con un lungo fil di ferro stretto ai polsi e messi sugli argini delle foibe, quindi si apriva il fuoco a raffiche di mitra, non contro il gruppo, ma soltanto contro i primi tre o quattro della catena, i quali, precipitando nell’abisso, morti o feriti, trascinavano con sé gli altri sventurati, condannati così a sopravvivere per giorni sui fondali delle voragini, sui cadaveri dei loro compagni tra sofferenze inimmaginabili.
Non basta confrontarsi con la ferocia dei titini ma anche con il modo con cui molti italiani accolsero quei connazionali: l’epiteto più gentile fu «banditi giuliani», giusto per equipararli al più conosciuto dei fuorilegge.