mercoledì 2 gennaio 2019

Repubblica 2.1.19
La polemica
Il "Vaso di fiori" di Jan van Huysum
"Ora Berlino ci restituisca il quadro rubato dai nazisti"
L’appello di Eike Schmidt, il direttore tedesco degli Uffizi "Una ferita ancora aperta, serve una legge europea che faccia giustizia"
Purtroppo il mio Paese non ha mai considerato di riconsegnare le opere visto che vige la prescrizione per questo tipo di reati. A Firenze mancano decine di opere
di Alessandro Di Maria


FIRENZE «La Germania deve ridarci quel quadro trafugato durante la Seconda Guerra Mondiale». È l’appello lanciato attraverso un video dal direttore degli Uffizi di Firenze, Eike Schmidt, tedesco, riferendosi al dipinto "Vaso di fiori" dell’olandese Jan van Huysum, rubato nel 1944 dai soldati nazisti. Nel video si vede il direttore appendere alla parete della sala dei Putti, in Palazzo Pitti, stanza nella quale ha sempre dimorato fino al 1940, una riproduzione in bianco e nero dell’originale, con sopra la scritta, tradotta in tre lingue, "rubato".
Direttore, ci racconta cosa è accaduto?
«Faccio un appello alla Germania, per il 2019: ci auguriamo che nel corso di quest’anno possa essere finalmente restituito il quadro rubato da soldati nazisti e, attualmente, nella disponibilità di una famiglia tedesca che dopo tutto questo tempo non l’ha ancora reso al museo, nonostante le numerose richieste da parte dello Stato italiano».
Perché proprio nel primo giorno dell’anno questo appello?
«Tempo fa la magistratura ha aperto un fascicolo su questa opera, quindi mi è venuto in mente, anche da parte nostra, di documentare questa ferita aperta e ho avuto l’idea di utilizzare la riproduzione per tenere viva la memoria del dipinto. Anche per evitare di far mettere in commercio l’opera senza che nessuno un giorno possa dire di non sapere che è stata trafugata».
Nel corso degli anni ci sono stati dei tentativi di rivendere l’opera agli Uffizi?
«Ci sono stati attraverso intermediari con la richiesta del pagamento di un riscatto. E alla controrichiesta di restituire il quadro, come la legge in Italia imporrebbe, facevano finta di non sentire. In un momento in cui si parla molto di identità dell’Europa, sarebbe importante affrontare il discorso sull’Europa stessa non solo a livello economico, ma anche culturale. Mi sembra importante che i Paesi dell’Europa si aiutino tra di loro a chiudere queste ferite».
Dalla Germania che risposte avete avuto?
«La Germania non ha mai considerato di riconsegnare le opere visto che per loro vige la prescrizione per questo tipo di reati. Ma dopo il caso Gurlitt anche lì qualcosa si è mosso e c’è stata una proposta di legge per abolire la prescrizione, che però per ora non è andata in porto».
La questione è però che in Italia la prescrizione non esiste...
«Si tratta di beni artistici dello Stato italiano, sono inalienabili da un punto di vista giuridico. E la situazione non può cambiare nemmeno dopo tanti anni.
Questo sta alla base di tutti gli Stati che si basano sul diritto romano. Inoltre ci sarebbe da appellarsi anche al diritto morale».
A quanto sono arrivate le richieste di riscatto? Si parla di cifre dai 500.000 ai 2 milioni di euro...
«Ora che la magistratura ha aperto un fascicolo è meglio non parlarne, ma dal 1991 a oggi le cifre cambiano parecchio.
Comunque per farsi un’idea del valore di quest’opera si vada a vedere a quanto vengono venduti i quadri di van Huysum all’asta».
Quante sono le opere trafugate in Italia durante la guerra?
«Sono centinaia. Alcune temo che possano anche essere andate distrutte. Da parte nostra, come Uffizi, il desiderio è quello di poter fare da apripista nella speranza che tutti i Paesi europei si adeguino con una legislazione uguale per tutti».
E agli Uffizi quante ne mancano?
«Decine di opere, tra cui il "Vaso di fiori" è tra i più importanti.
Un’altra che manca è la "Testa di fauno", attribuita a Michelangelo. Fu rubata dal Bargello dai nazisti, ma dell’opera manca ogni traccia».
Cosa si aspetta da questo appello?
«Finora non ne abbiamo mai fatti di pubblici, magari dopo questo, qualcuno che prima sperava di fare velocemente molti soldi, viene stimolato a rivedere la sua posizione sotto un profilo morale.
Quindi la speranza è che sia la famiglia stessa a farsi avanti».
Lei è tedesco, che effetto le fa dover richiedere un quadro proprio alla Germania?
«Il fatto che io sia tedesco e alla guida del primo museo italiano, è la migliore garanzia e dimostrazione che questa richiesta non è motivata da ragioni nazionalistiche o campanilistiche».