domenica 16 dicembre 2018

Corriere 16.12.18
l’incubo banlieue da noi
«Il tradimento delle periferie»
di Goffredo Buccini


L’allarme di Causin, (FI), presidente dell’ex commissione che nella scorsa legislatura ha indagato sulle periferie e sul loro degrado: «Il governo ha tolto 1,6 miliardi di euro attribuiti a queste aree».
Se fosse una soap?
«Potremmo chiamarla: il tradimento delle periferie».
Non le sembra eccessivo?
«No, no, rende bene. Tutto va nella direzione di promesse mancate che non solo il governo ma anche una certa cultura populista avevano assunto verso chi vive in determinate realtà».
Andrea Causin sorride amaro. Veneto di Mogliano, 46 anni, imprenditore, questo senatore di Forza Italia è stato nella scorsa legislatura presidente della commissione parlamentare che sulle periferie e sul loro degrado ha indagato per dodici mesi, con centinaia di audizioni, decine di missioni e una relazione finale di 600 pagine sottoscritta da tutte le forze politiche, senza divisioni di fazione né polemiche.
Cosa è rimasto di tutto questo?
«È rimasto un documento che ha disvelato per la prima volta alle istituzioni e al Parlamento la condizione di quindici milioni di persone toccando l’economia, la sicurezza, l’ambiente, le infrastrutture, i servizi: in una parola, una straordinaria fotografia dell’Italia che rischia però di rimanere in un cassetto».
In quel documento voi raccomandavate un programma di interventi di dieci anni da un miliardo l’anno, gestito da un’agenzia nazionale ad hoc e con una tassazione specifica. Qualcuno dell’attuale esecutivo vi ha chiesto lumi?
«Assolutamente no. E siccome la commissione ha svolto il suo lavoro nel consenso unanime, mi sono meravigliato che queste valutazioni non siano state poi trasmesse ai tecnici e ai leader per valutare misure conseguenti».
Vicepresidente della sua commissione era la pentastellata Laura Castelli, che adesso è sottosegretario all’Economia. Nemmeno lei ha dato seguito al vostro lavoro?
«La mia stima verso di lei era e resta enorme. Le sono estremamente grato perché senza il suo impegno appassionato non avremmo raggiunto quei risultati. Le ho riparlato un paio di volte e credo che la sua sensibilità rimanga intatta. Posso stupirmi che tutto ciò non abbia prodotto nulla nell’esecutivo, ma resto un suo fan».
C’erano proposte di legge per ricostituire la commissione...
«Non sono neppure state calendarizzate».
Com’è andata la storia del miliardo e 600 milioni attribuiti alle periferie e svaniti in questa legislatura?
«Erano assegnati dal governo Renzi alle città che avessero partecipato al Bando periferie. Il Milleproroghe li ha differiti sine die , di fatto cancellandoli, per metterli in un calderone».
Differiti, non cancellati...
«Differire di tre anni un finanziamento dove esiste già un rapporto firmato nella pubblica amministrazione vuol dire togliere i soldi. La politica è fatta di atti: questo governo li ha tolti. E c’erano interventi molto significativi, tra i quali Scampia a Napoli e Corviale a Roma».
I Cinquestelle dicono ci fosse un problema di costituzionalità, le Regioni non erano state coinvolte.
«La Costituzione per i governi in carica è poco più che una gomma americana che si allunga, giustificando ciò che si fa o non si fa. È un modo pilatesco di celare una volontà politica».
E tuttavia le nostre periferie non sono le banlieue francesi, terra di coltura del terrorismo islamista.
«Abbiamo ancora una decina d’anni di margine sulle banlieue, anche perché la struttura della nostra immigrazione è diversa da quella francese o belga. Ma stiamo sprecando questo vantaggio. Serve subito un piano di riqualificazione che renda più semplice muoversi nell’economia legale piuttosto che nell’illegale. Oggi la regola è l’assenza di regole».
C’è davvero margine di recupero?
«Sono un ottimista, le periferie sono anche luoghi straordinari, piene di giovani. Penso che la maggior parte degli italiani sia gente perbene. Ma se a questa gente togli lo Stato, allora monta la rabbia, attecchisce il messaggio populista. Questa è stata la constituency di Lega e Cinquestelle».
Moda passeggera?
«Taxi elettorale, diciamo. Molti hanno pescato brani interi della nostra relazione e li hanno messi nel programma prima del 4 marzo. Poi è finito tutto. Ma se lei va a farsi due passi in periferia si accorge che non è cambiato nulla, anzi le cose vanno peggio di prima».
I populisti non rischiano di pagare caro un abbandono delle periferie?
«Non nel breve. Chi si è insediato da poco dice sempre che la colpa è dei predecessori. E questo in parte è anche vero. La difficoltà delle forze politiche tradizionali nel rispondere a temi come l’immigrazione, l’insicurezza e la qualità dei servizi ha avuto un prezzo elettorale enorme. Però, se vinci le elezioni su questi temi, puoi essere credibile per sei mesi o un anno, poi è finita. Se Lega e Cinquestelle continueranno a non dare risposte, pagheranno un dazio enorme. E la nostra democrazia con loro. Da cittadino non me lo auguro».
Quale può essere nelle periferie l’effetto della legge Salvini sull’immigrazione?
«Rischia che 600 mila invisibili diventino un milione. Un bel boomerang. Servono più forze dell’ordine ed emersione dall’illegalità».
Ma se va così male il connubio con Di Maio, perché voi di Forza Italia non avete mai prospettato a Salvini l’arma «fine di mondo», cioè la rottura nelle giunte local?
«Nella politica d’un tempo sarebbe stato l’A-B-C. Ora non so se ci si arriverà. Ogni giorno Salvini è meno leale con noi. Oggi è prematuro porre la questione delle giunte, ma alle amministrative del 2020 penso occorra discuterne a tutti i livelli. La mia però è un’opinione personale, io sono piccola cosa. Dovrà chiederlo al presidente Berlusconi».