lunedì 24 settembre 2018

Reoubblica 24.9.18
Brexit e i partiti inglesi
Nuovo referendum, Corbyn apre E punta alle elezioni anticipate
di Enrico Franceschini


Londra Se non è la grande svolta che molti gli chiedono, come minimo è una svoltina. «Io obbedisco al volere del partito», dice Jeremy Corbyn nel giorno d’apertura del congresso laburista. « Se la maggioranza vuole un secondo referendum, appoggerò tale decisione » . Da due anni il leader del Labour ripeteva che bisogna rispettare il referendum del giugno 2016 e realizzare la Brexit: sebbene tre quarti dei suoi elettori abbiano votato contro, non voleva perdere l’appoggio del 25 per cento che ha votato a favore. Ma ora, sotto la crescente pressione di sindacati, deputati e militanti, Corbyn sembra averci ripensato: se domani il congresso approverà una mozione favorevole a dare nuovamente voce al popolo, il leader la farà propria.
Non è ancora detto che ci sarà un secondo referendum. In primo luogo dipende da che mozione sarà approvata martedì dal congresso del Labour: è possibile che finirà per esprimere una preferenza per le elezioni anticipate, lasciando un nuovo referendum sulla Brexit soltanto come ultima chance. Intervistato dalla Bbc, mentre è cominciata ieri a Liverpool l’annuale assise del suo partito, Corbyn disegna infatti un altro scenario per i prossimi mesi. Annuncia che, quando a novembre verrà sottoposto al Parlamento britannico, il Labour voterà contro l’accordo sulla Brexit negoziato da Theresa May con l’Unione europea, se ci sarà un accordo, o contro il " no deal", l’uscita dalla Ue senza accordi, se la trattativa fallirà. Una volta bocciata l’iniziativa del governo, l’opposizione chiederà immediate dimissioni della premier ed elezioni anticipate. Se Corbyn le vincerà, come predicono i sondaggi, il suo governo proporrà a Bruxelles di prolungare i negoziati e presenterà nuovi piani "per la difesa dei lavoratori": eufemismo di una Brexit super soft, in cui la Gran Bretagna resta nell’unione doganale (come la Turchia) o addirittura nel mercato comune (come la Norvegia). Si vedrà se a quel punto sarà necessario un nuovo referendum. Ammoniscono gli stessi sindacati corbyniani che ora lo chiedono: la domanda da porre agli elettori non dovrebbe contemplare l’opzione di rimanere nella Ue. Insomma, è presto per pronosticare che Londra farà marcia indietro e tutto resterà come adesso. Ma il futuro della Brexit diventa sempre più incerto.
Oltretutto, non soltanto Corbyn pensa a elezioni anticipate: ci pensa anche Theresa May. Secondo il Times la leader conservatrice sarebbe pronta a chiamare il paese alle urne già fra due mesi come sorta di referendum su se stessa, modificando il suo piano per la Brexit in un modello "Canada plus", analogo ma migliore del trattato che la Ue ha con Ottawa. Ma prima deve superare il consiglio dei ministri di stamane, dove la attende una rivolta dopo l’umiliazione che ha subito al summit europeo di Salisburgo, e il congresso dei Tories della prossima settimana dove la aspettano nuove trappole. Altrimenti la premier potrebbe promettere di dimettersi l’estate prossima, dopo una Brexit né soft né hard, bensì " blind": cieca, ridotta a vaga dichiarazione d’intenti, lasciando che sia un successore a definirla nei successivi due anni di transizione.
« Siamo stremati » , ironizza un comico, « fate qualunque Brexit volete, basta che non se ne parli più» . Sembra invece che continueremo a parlarne per un pezzo.