martedì 25 settembre 2018

l’espresso 23.9.18 Antimoderni all’assalto
Il governo della Reazione
di Elena Testi
I gay? Peccato istigato dal diavolo. I migranti? In Italia, prima i nostri. L’aborto? Un crimine. Per risollevare la civiltà serve una nuova alleanza trono-altare. Chi sono e cosa pensano i preti che ispirano il ministro Fontana. E Salvini

Alle 7 del mattino il ministro prende la messa in latino. La rete comprende il cardinale Burke, nemico di Bergoglio, padre Georg, ed è vicina al guru sovranista Steve Bannon



La luce entra flebile, in lotta con le tenebre, a simboleggiare quanto avviene nelle anime dei presenti. Sei persone, quattro uomini e due donne con il capo coperto da un velo bianco. Pregano, sussurrando un’antica litania, mentre il pugno chiuso percuote il petto in segno di contrizione per tutti i peccati di cui si sono macchiati. Sono le sette e un quarto del mattino, dentro l’antica chiesa romana dalla facciata imponente a due passi da palazzo Farnese, ponte Sisto e via Giulia, le preghiere sono in latino, il prete che dice messa rivolge le spalle ai fedeli, un altro celebra per conto suo a un altare laterale, in prima ila c’è un uomo in disparte genuflesso, con il busto rivolto verso la panca. La bocca in un bisbiglio, le ginocchia rimangono inchiodate nel legno duro, senza fodera, tra le mani stringe un messale consumato, sfoglia le pagine logore velocemente, in cerca del passaggio. «Ite, missa est». Si volta e nel buio si riconosce la linea del volto. È il più ascoltato consigliere di Matteo Salvini, il senatore della Repubblica Lorenzo Fontana, il ministro della Famiglia. Ogni mattina all’alba, quando si trova a Roma, Fontana si dirige nella chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini, affiancato da un collaboratore meno esperto di antichi riti, all’uscita colazione e poi si incammina verso il suo ufficio di ministro della laica Repubblica italiana. Prima, però, ogni giorno, dopo la liturgia ecclesiastica, rimane in contemplazione per alcuni minuti, si alza e si dirige verso l’altare, dove si inginocchia di nuovo. Infine apre la porta della sacrestia e parla con la sua guida spirituale, nonché politica, don Vilmar Pavesi. Prete della Fraternità Sacerdotale di San Pietro, fondata dal vescovo scismatico Marcel Lefebvre, scomunicato da papa Giovanni Paolo II nel 1988. La congregazione venne salvata e riammessa nella Chiesa nel 2008 da Benedetto XVI: da quel momento la Fraternità ha il permesso di celebrare la messa in latino, con l’antico rito tridentino, rifiutando la riforma della liturgia voluta dal Concilio Vaticano II che ha introdotto la messa in volgare con la possibilità per i laici di partecipare attivamente. Un’eresia per gli ultra-reazionari cattolici che fino a qualche anno fa sembravano un residuo della storia, una pattuglia di nostalgici della Tradizione. Oggi, invece, sono un’avanguardia. Il fronte più avanzato di un esercito che sta sconvolgendo la Chiesa e l’Europa. Nel buio della pluri-secolare chiesa dei Pellegrini, dove predicò san Filippo Neri, si gioca qualcosa di più di una semplice devozione a un rito passato. Si fanno vedere ministri della Lega, cardinali nemici di papa Bergoglio, americani alla Steve Bannon. In questa chiesa l’esercito si sta organizzando: qui si è visto Matteo Salvini, il porporato Raymond Leo Burke, amico di Bannon, è di casa, il vescovo Georg Gänswein, segretario di Ratzinger, ha celebrato le cresime in abito porpora. L’Internazionale sovranista ha qui, nel cuore di Roma, tra madonne, crocifissi e evangelisti, uno dei suoi nascosti punti di riferimento. Fontana è uno di loro. Un crociato che si è candidato nel 2014 al Parlamento europeo nella Lega per bloccare l’ingresso nella Ue della Turchia. Un fedele che ripudia l’epoca moderna. Un nemico acerrimo dei progressisti e amico fidato dei prelati anti-bergogliani che tessono trame politiche nel sogno di ricostituire una guida cattolica per il gregge smarrito e per l’Europa. Ma Fontana è oggi l’uomo scelto dal Governo del Cambiamento per ricoprire un ruolo strategico in tema di diritti civili. Per lui è stato creato un ministero ad hoc, la Famiglia, insieme al compagno di partito Simone Pillon, suo sottosegretario. Amici fraterni e tradizionalisti convinti, tanto da lasciare insieme, ma non prima di aver parlato alcuni minuti davanti a palazzo Grazioli, la festa della Lega oferta dal vice-premier Salvini nel super attico del ministero dell’Interno. Don Vilmar Pavesi è la sua guida spirituale, la più influente. Tra il ministro e il prete tradizionalista c’è un’amicizia che dura da tempo. «Veniva tutte le mattine a messa alla chiesa di Santa Toscana», confida il prelato, «ma ancora non era nessuno, lavorava alla Fiera di Verona». Era il 2005. “Lorenzo”, come lo chiama bonariamente padre Pavesi, scala i vertici del partito. Don Pavesi, arrivato dalla Spagna, nato in Brasile ma da una famiglia lombarda, viene precettato dal Carroccio come guida spirituale. Benedice sedi di partito, organizza cortei insieme a Mario Borghezio, stringe mani e partecipa alla vita politica della città. Nella sua chiesa, oltre a santi e feste comandate, si festeggia anche il 7 ottobre, l’anniversario di Lepanto, la battaglia del 1571 che, secondo i tradizionalisti, salvò l’Europa dall’invasione islamica, preservando così la fede cristiana e evitando l’infezione. Nostalgico, apertamente monarchico e intransigente verso qualsiasi apertura che non rispetti l’antica dottrina della Chiesa. Con lui il ministro per conto di Dio, ogni giorno, si consiglia, si conida, si confessa e parla di politica. In quegli anni il futuro ministro conosce un altro personaggio: Maurizio Ruggiero, fondatore del movimento Sacrum Romanum Imperium, per cui «la democrazia è una grande pagliacciata», dovremmo tornare «a instaurare le antiche monarchie ispirate al principio divino o alle repubbliche patrizie». Ruggiero ha sempre votato Lega e dalla Liga Veneta è sempre stato appoggiato. Insieme a lui Fontana da euro-parlamentare fonda nel 2014 il comitato “Veneto Indipendente” per chiedere l’autonomia della regione e il ritorno dell’antica repubblica di Venezia. Nel programma, tra i punti di rilievo, si legge: «Basta al disfacimento morale e spirituale della società; riafermare i valori della Tradizione e dei nostri Padri, pienamente espressi nella Religione Cattolica tradizionale». Presidente onorario del comitato è Fontana che in quell’occasione chiarisce quale sia il suo ruolo a Bruxelles: «Il mio impegno in Europa è quello di far valere il diritto dei popoli ad essere liberi e poter vivere secondo i valori della propria storia e tradizioni, anche come entità statuali nuove e non di essere omologati ad una pseudocultura individualista e nichilista, che annienta le comunità locali imponendo modelli di vita relativisti, contronatura e immorali». Si costituisce un gruppo composto da veronesi di razza. Con un amico e una guida in comune: padre Pavesi. Mentre Lorenzo inizia la sua scalata dentro il Carroccio e al Parlamento, con l’intento di evitare l’annessione della Turchia all’Europa (il contagio con l’antico Impero Ottomano sarebbe fatale) e ripristinare gli stati antichi (il proilo Facebook del ministro è costellato di bandiere della Serenissima Repubblica di San Marco), a Verona continuano le bizzarre battaglie del prete tradizionalista e Ruggiero. Nell’aprile del 2011, quando il capo del Sacrum Romanum Imperium organizza nella piazza le celebrazioni delle Pasque veronesi, c’è chi irrompe e mette ine alla manifestazione. Don Pavesi non la prende bene: «Si abbatterà un cataclisma sulla città, saprete il perché», maledice. Diventa un problema per la Chiesa e per la stessa Lega. Nel 2009 l’allora sindaco di Verona Flavio Tosi, che pure non è un progressista, decide di bloccare la benedizione della sede del partito di Villafranca, bloccando il parroco che della Lega era diventato un protagonista onnipresente. Nel 2011 Il vescovo Giuseppe Zenti, impaurito dalle sue idee, decide di allontanarlo. Lascia la città senza salutare i fedeli. Ma c’è chi sa benissimo dove si trova, ed è Fontana che ogni giorno si reca alla chiesa dei Pellegrini di Roma per incontrarlo. È stato lui a presentare Matteo Salvini a padre Pavesi ed a far in modo che l’amicizia e le consulenze continuassero negli anni. Non è l’unico. Nella chiesa che fu di San Filippo Neri si intrecciano giochi di potere e personaggi che lavorano per una nuova Europa cattolica. Tra questi il cardinale Raymond Leo Burke che nella parrocchia di culto tridentino celebra messa nelle festività più importanti. Nemico dichiarato di Papa Francesco, astuto e tradizionalista convertito, firmatario dei Dubia, i quesiti teologici che mettono in discussione l’infallibilità del Papa, dipingendolo come eretico per la sua eccessiva modernità. È Burke, il porporato guerriero in aperta polemica con papa Francesco, tanto da fondare un gruppo dal nome i “Guerrieri del Rosario” che hanno il compito di portare avanti la “Operation Storm Heaven”. La battaglia si svolge pregando il rosario il primo giorno di ogni mese, in unione spirituale con il cardinale Burke. L’obiettivo finale, stando alla mailing list quotidiana, è quello di «formare un esercito spirituale di Guerrieri del Rosario per assediare il Cielo con le preghiera». L’intento vero è indottrinare i fedeli, riportandoli alla retta via e ricordare loro i principi fondanti della dottrina cattolica e, quindi, secondo i tradizionalisti, dell’Occidente intero. È Raymond Leo Burke il cardinale di riferimento della Lega, come ammette Fontana: «A papa Francesco, preferisco lui».