mercoledì 27 giugno 2018

Gramsci per la scuola di Giuseppe Benedetti e Donatella Coccoli (Asino d’oro ed.)
Repubblica 27.6.18
Le lettere di Corrado Augias Se Gramsci fosse qui, cosa farebbe?
risponde Corrado Augias


Caro Augias, lei ha dato questo titolo a un suo recente racconto su Repubblica. it: “ Gramsci è vivo e lotta insieme a noi”. Forse mancava un punto interrogativo. Magari lo fosse, qualcuno potrebbe riconoscerlo e recepirlo! Non dico tutti perché è difficile pensare che la cultura giunga a tutti in tempi in cui il potere economico o politico è concentrato sul desiderio di venderti qualcosa. Stiamo attraversando una fase di grandi mutazioni. Ho però il dubbio che molte trasformazioni siano filtrate più dalla pancia che dal cervello. Come si sa i processi digestivi sono più vicini alle impurità animalesche di cui pure siamo fatti che non all’attività intellettuale. Penso agli Usa, alla Turchia ma anche a noi, un Paese dove Salvini capeggia, la mafia dilaga ma il problema è Saviano o un barcone di migranti o, zuccherino sulla torta, Scajola che torna come sindaco di Imperia. Scajola? In una situazione del genere lei scrive che Gramsci lotta insieme a noi? Non pensa che se Gramsci fosse vivo si chiederebbe per cosa ha lottato e sofferto? Se fosse vivo non direbbe piuttosto: “Aiuto! Fatemi scendere”?

Gabriella Rovatti

Non credo che chiederebbe di scendere, per ciò che valgono simili illazioni credo che si metterebbe a studiare con l’acume e l’accanimento che gli furono propri se e in che modo sarebbe possibile uscire dal disastro. Quel titolo comunque voleva avere anche una certa valenza scherzosa, suscitare una qualche curiosità come infatti è avvenuto con un numero enorme di condivisioni e contatti. Si trattava di segnalare un libro meritevole di ogni attenzione: Gramsci per la scuola di Giuseppe Benedetti e Donatella Coccoli (Asino d’oro ed.) un insegnante e una giornalista che hanno messo insieme un’estesa antologia di scritti gramsciani, ognuno dei quali presentato e commentato, relativi soprattutto al lavoro intellettuale che era poi per Gramsci inscindibile dal lavoro politico — la cultura intesa come vita. Confesso che la lettura di quelle pagine suscita un doppio sentimento fatto, insieme, di ammirazione e di sconcerto. Si resta ammirati dalla lucida forza di volontà di un uomo che, in carcere, malandato in salute, è stato capace di una tale elaborazione dovendo superare cento ostacoli anche pratici e con una documentazione quasi sempre insufficiente. Sconcerto di fronte all’abisso che separa quel tipo di elaborazione politica e intellettuale dagli attuali balbettamenti, o urla, da comizio. Quel titolo infatti non era solo scherzoso, voleva anche richiamare la forza di un tale atteggiamento, la vitalità di cui ha dato prova un uomo segregato dal mondo, posto dal regime fascista nella condizione di non nuocere. La sinistra democratica e liberale italiana avrebbe, nella sua storia, uomini e punti di riferimento fermi e validi anche oggi. Basterebbe pensare al patrimonio concettuale elaborato da uomini come Antonio Gramsci e Piero Gobetti, al loro sforzo di mettere insieme le istanze di libertà con quelle dell’uguaglianza.