mercoledì 7 febbraio 2018

Il Fatto 7.2.18
Sesso, droga e liceo classico: è il fallimento della Scuola
Cronaca nera in aula. Non è solo questione di sbronze in classe e professori rapaci. È la velocità dei nuovi giovani a sfuggirci
di Vins Gallico


“Un professore meridionale in combutta con la vicepreside, richiedente asilo e affiliata all’Isis, convince un’intera classe di liceali ad assumere Lsd. Gli studenti poi sfilano nudi a quattro zampe per il corso cittadino”. Potrebbe essere una strampalata notizia di Lercio o il prossimo scandalo che riguarda la scuola italiana. Almeno ci sarebbe qualcosa da commentare davvero. Perché le chat fra docenti e alunni, i casi di coma etilico, di uso di stupefacenti, di violenza, di bullismo non sono scandali che possono essere propriamente addebitati alla scuola, nonostante siano fra gli argomenti che rimpolpano i titoli dell’informazione da mesi. In Italia la scuola viene mentalmente inserita nella categoria protettiva della famiglia e, per alcuni, della chiesa.
Famiglia, scuola, chiesa: la trinità pedagogica dell’igiene, del “liberaci dal male”, della purezza. Se parafrasando Tolstoj non tutte le famiglie sono felici, a giudicare dai dati spesso ignorati di femminicidi, abusi, violenze esiste davvero una notevole quantità di famiglie infelici “a modo loro”. Eppure all’interno del focolare domestico, come nelle sagrestie e negli oratori, ci si nasconde dietro un manto di ipocrisia. Visto che i panni sporchi si lavano in casa, e quindi in maniera omertosa, si fa finta che alcune cose non succedano nella vita reale. Se proprio capitano, almeno che venga intaccato l’anello più debole della catena: cioè la scuola. Ma una quindicenne che va in coma dopo essersi scolata un numero imprecisato di bottiglie non è un problema della scuola, o almeno non è solo della scuola. Quella quindicenne lo avrebbe fatto comunque, altrove, alla prima occasione. Sesso e droga riguardano una buona fetta degli adolescenti, non solo di oggi. Ignorare che sia così è un gesto da struzzi, ricorda l’atteggiamento di quelli che dicevano: “La mafia non esiste”.
Si potrebbe anche considerare quante volte questi scandali, questi peccati siano inventati, ma non si metterebbe a fuoco il nucleo del discorso. C’è questa roba qui che è la scuola, e vede due grandi attori protagonisti: i docenti e gli studenti. Non deve essere facile fare il professore attualmente: ti pagano uno schifo, con i coretti che “lavori solo 18 ore a settimana”, “tutta l’estate in vacanza”, e sei sempre vittima del pregiudizio di essere uno sfigato, mezzo fallito, perché “chi sa fare fa, chi non sa fare insegna”. Ecco, mettiamoci pure, che con la trasformazione dei presidi in dirigenti scolastici, i professori rischiano di diventare dei burattini, ricattabili dalla famiglie. Vuoi bocciare mio figlio? E io cambio scuola, vado dove lo promuovono e la tua scuola si svuota.
Il docente dal polso duro e lo sguardo arcigno, da punizione in ginocchio sui ceci, si è antropologicamente mutato nel prof amico, al quale dai del tu nel gruppo di Whatsapp. Che poi esistono davvero docenti appassionati, che con devozione missionaria sperano di migliorare il mondo con la scuola. E di questa fazione non fanno parte i maniaci, che chiedono foto porno alle alunne.
Se ci fosse una buona commistione di insegnanti che conoscono le loro materie e qualche epigono del prof. Keating stile L’attimo fuggente, saremmo già a cavallo. E poi c’è l’altra faccia della medaglia: gli studenti, ovvero la componente maggioritaria della scuola. Nella fascia delle superiori si tratta di ragazzi che vivono la stagione dell’adolescenza, una bolla a sé stante rispetto agli altri cicli della vita. Sono considerati i nuovi barbari, spesso criticati, a volte critici. Si sentono ripetere: “Siete il futuro” e poi quel futuro gli viene proposto in forma ridotta, impoverita, devastata. Fra i 14 e 19 anni vivono l’esperienza della formazione e della deformazione. A quell’età tutto appare come una burrasca o una bonaccia di noia.
Sono ragazzi, fisicamente sviluppati, dai modi adulti, capaci di violenze atroci, inaudite, irresponsabili, assediati da un mondo vetusto. Ascoltano Trap (che non vuol dire Trapattoni), seguono gli youtuber, stanno sempre incollati agli smartphone. Altro che approfondimenti come vorrebbe la vecchia scuola, loro surfano, navigano, si muovono a velocità siderali. Non vanno giù, vanno più in là. Non scrutano l’abisso, ma si proiettano oltre l’orizzonte. Gestiscono con disinvoltura la rete dei social, dove gli adulti si muovono con imbarazzante asincrono.
La scuola istituzione, la scuola dall’alto, prova ad adeguarsi con metodi risibili alla loro contemporaneità. Si abolisce il tema di letteratura in terza media, e giù con critiche trombone. Dove andremo senza letteratura? La domanda legittima sarebbe inversa: dove finiremo con la letteratura, che è uno spazio mentale e psicologico che valica spesso i confini di bene e male? Il punto è a cosa serve la scuola: a formare uomini o cittadini, menti libere o sudditi fedeli? Perché Dostoevskij ti porta nella mente di un gerontocida e Nabokov in quella di un pedofilo, Goethe, Dante, Bulgakov ti conducono all’inferno o a fare patti con il diavolo. La letteratura è fatta anche di sesso e di droga. Forse basterebbe un po’ di buon senso, anzi di senso della responsabilità, e che questi due poli, docenti e studenti, abitassero la scuola facendo muro contro l’idiozia. Carlo Cipolla sosteneva che non i banditi, ma gli stupidi fossero il vero rischio della società. Ecco, basterebbe quello. Dichiarare che la stupidità è il vero nemico della scuola italiana e che lo scandalo è non opporsi ai suoi attacchi, dentro e fuori ogni istituto.