giovedì 25 gennaio 2018

La Stampa 25.1.18
Le scimmie clonate spaventano il Vaticano
Clonazione, nate due scimmie con la tecnica della pecora Dolly
In Cina dopo 79 tentativi. Il Vaticano: “Attentato al futuro dell’umanità”
di Valentina Arcovio


Sembrano due peluche, teneri come quelli a cui si tengono avvinghiate nelle foto scattate nel laboratorio in cui sono nate. Invece sono due scimmie vere. Solo che Zhong Zhong e Hua Hua, questo è il loro nome, sono molto speciali. Nessun primate prima di loro era stato creato con la tecnica usata per la pecora Dolly 22 anni fa.
La loro nascita, avvenuta rispettivamente otto e sei settimane fa, è stata annunciata sulla rivista «Cell» dai ricercatori dell’Istituto di neuroscienze dell’Accademia cinese delle scienze a Shanghai e apre una strada che consentirà di ridurre il numero di primati usati nella sperimentazione animale. «Questa tecnica - spiega Giuliano Grignaschi, responsabile del benessere animale presso l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e segretario generale di Research4life - permetterà di ottenere risultati sperimentali più affidabili e facilmente riproducibili: riducendo la variabilità e l’errore statistico si ridurrà anche il numero di animali sacrificati per ogni singolo esperimento».
La notizia ha fatto il giro del mondo. Perché nessuno prima d’ora era stato in grado di clonare allo stesso modo un primate. Diciannove anni fa nei laboratori dell’Oregon Health and Science University è stato creato una macaco femmina, Tetra, ma i ricercatori utilizzarono una tecnica nota come «splitting embrionale», che in un certo modo mima il processo che dà naturalmente origine ai gemelli identici. Con il limite di creare solo 4 cloni per volta.
I ricercatori cinesi, dopo tre anni di
lavori e 79 tentativi falliti, sono riusciti a clonare le scimmie con la tecnica del trasferimento nucleare da cellule somatiche, che prevede appunto il trasferimento del nucleo di una cellula dell’animale da «copiare» all’interno di un ovulo non fecondato e privato del suo nucleo. A differenza di quanto accaduto con altri mammiferi, come topi e bovini, nelle scimmie ogni tentativo precedente era fallito, perché nei nuclei delle loro
cellule differenziate sono presenti dei geni «spenti» che impediscono lo sviluppo dell’embrione. I ricercatori cinesi sono riusciti a riattivarli grazie a frammenti di Rna messaggero. La percentuale di successo è stata poi ulteriormente aumentata prelevando il nucleo da cellule fetali invece che da cellule di esemplari adulti. I cuccioli stanno bene e presto potrebbero avere compagnia perché a Shanghai si sta lavorando alla
clonazione di nuove scimmie.
Ma la notizia non è stata accolta solo con entusiasmo. Molti i commenti negativi - a cui i ricercatori hanno risposto assicurando che sono consapevoli dei rischi e che seguiranno standard etici severi - per via delle implicazioni etiche. Duro il Vaticano: «Se la Chiesa condanna nel modo più totale l’ipotesi di clonazione umana, su quella animale non ha finora espresso una posizione ufficiale, ma non c’è dubbio - sostiene il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della pontificia Accademia per la vita - che il passaggio da Dolly alla scimmia, primate così vicino all’uomo, rappresenta un autentico attentato al futuro dell’umanità. C’è il fortissimo rischio che sia il penultimo passo prima della clonazione umana, che la Chiesa non approverà mai».