mercoledì 29 novembre 2017

Repubblica 29.11.17
Steven Spielberg “Difenderò sempre i giornali e la verità
Ma ora salviamo il cinema da Netflix”
di Silvia Bizio,

Trovo incredibili i podcast.
Riportano indietro alla radio, come quando eravamo ragazzini e ascoltavamo la radio magari facendo altre cose senza guardare uno schermo».
Fra lei, Tom Hanks e Meryl Streep avete 41 candidature all’Oscar. Come mai ci è voluto tanto per lavorare insieme?
«Le ha contate? Io e Tom abbiamo fatto cinque film insieme ma è la

Los Angeles La storia dei Pentagon Papers sui rapporti segreti tra Vietnam e Usa. La lotta per pubblicarli da parte del primo editore donna nella storia del giornalismo Usa, Katharine Graham (Meryl Streep), e del direttore del Washington Post Ben Bradlee (Tom Hanks).
Questo racconta Steven Spielberg in The Post. Film lampo: sceneggiatura letta a febbraio, riprese a giugno, uscita il 22 dicembre negli Usa.
Ha scelto questa storia per difendere il ruolo dei giornali?
«Più ancora dell’importanza della carta stampata, visto che tutto oggi è digitale, difendo l’importanza della verità, che non sarà mai fuori moda. Quando ho letto questa sceneggiatura ho sentito che dovevo raccontarla immediatamente e non aspettare di avere il tempo di farlo nel 2018.
Così ho messo da parte il film che sto girando ora, Ready player one, e ho fatto questo».
La storia del film è molto attuale.
«Infatti quando ho letto il copione, scritto da una giovane di 31 anni, sembrava di leggere una storia contemporanea, quella di Kay e Ben sembra di oggi. Ma è anche la storia di una donna che cerca la sua voce in un mondo di uomini. Fra il 1942 e il 1945 le donne hanno mandato avanti questo paese, costruendo carri armati e navi che ci hanno permesso di vincere la guerra. Poi siamo tornati indietro alla situazione degli anni 30, c’è voluto tempo per progredire.
Katherine Graham è l’esempio di dove erano arrivate le donne».
È anche un film sulla libertà di stampa oggi.
«Ci sono similitudini tra la situazione dell’informazione di oggi e quella del 1971 quando l’amministrazione Nixon ha cercato di fermare gli articoli del Washington Post e del New York Times sui Pentagon Papers. È stato un tentativo di bloccare i diritti del primo emendamento della costituzione e di mettere la museruola a quello che chiamiamo il quarto potere, il giornalismo. Questo per me è un film patriottico, non di parte, non l’ho fatto da democratico ma da uomo che crede nel giornalismo, nella libertà di stampa, nel primo emendamento, e come antidoto a questo orribile termine che è “fake news” che ci fa domandare cosa sia vero e cosa sia falso. Gli eroi di questo film sono i giornalisti, sono loro i veri eroi.
Bradlee e Graham fecero una cosa incredibile, perché con la pubblicazione dei Pentagon Papers e poi con i loro reportage sul Watergate, si sono imposti come controllo sul governo».
Quale è il suo rapporto con i giornali?
«Io ancora li leggo, ogni giorno leggo il New York Times, il Los Angeles Times, il Wall Street Journal e ogni tanto il Boston Globe. Guardo la Cnn e la Nbc e a volte la Fox News per vedere cosa dicono gli altri. Non mi piace avere le notizie da Internet, mi piace la stampa o la televisione.
prima volta che faccio un film con Meryl, che ritengo la più grande attrice americana del suo tempo.
Ho sempre voluto lavorare con lei, ma non trovavo mai il ruolo giusto in un mio film, anche se Daniel Day Lewis, quando ha vinto l’Oscar per Lincoln, ha detto scherzando che Meryl era stata la mia prima scelta! Sul set mi davo i pizzichi: ho 70 anni, e finalmente lavoro con questi due attori insieme. Si avvera un sogno».
Cosa pensa della disputa tra gli Oscar e Netflix? I film dovrebbero essere visti in sala?
«È un problema importantissimo che mi preoccupa molto. Per me il cinema è cinema e la televisione è la televisione. Per questo abbiamo gli Emmy per onorare show televisivi e gli Oscar per onorare i film. Mi disturba che si faccia confusione tra ciò che viene realizzato perché il pubblico lo veda in un cinema e cosa passa per pochi giorni in un piccolo cinema per poi finire subito sul piccolo schermo. Serve una grande discussione sull’argomento. Netflix e Amazon sono i veri pericoli. Qual è la regola oggi? Solo sette giorni in un cinema per avere i requisiti per gli Oscar? Ce ne vorrebbero quaranta! Un film dovrebbe stare nei cinema almeno quaranta giorni se vuole essere considerato un film per il cinema e non un film televisivo. Dobbiamo continuare a difendere i diritti del cinema».
E gli scandali sessuali che hanno investito Hollywood?
«Io so soltanto una cosa: le vittime hanno trovato la loro voce quest’anno, così come Kay Graham aveva trovato la sua voce nel 1971 anche se su un tema che non aveva niente a che fare con gli abusi sessuali. L’ horror show cui abbiamo assistito negli ultimi due o tre mesi ha permesso alle donne di superare la vergogna e il peso di sentirsi vittime. Che sia successo cinque minuti o quarant’anni fa, ora hanno una piattaforma per parlare. E io spero che sempre più donne lo facciano».