lunedì 27 novembre 2017

Repubblica 27.11.17
Il partito della sanatoria perenne
Sergio Rizzo

In un Paese dove a fine settembre scorso secondo calcoli dell’agenzia Adnkronos avevano cambiato casacca 526 onorevoli, vale a dire oltre metà dell’intero parlamento (il 55,2%), c’è un solo partito capace di attraversare indenne gli isterismi della politica: quello del condono edilizio. Non si deprime quando il governo decide di impugnare leggine regionali che occultano nelle pieghe sanatorie indecenti. Né ripiega di fronte a sconfitte cocenti, come quella subita dalla legge che avrebbe portato il nome del senatore verdiniano Ciro Falanga, spiaggiata alla Camera a causa dell’indignazione dell’opinione pubblica. Sembra anzi che i rovesci lo rafforzino, nella convinzione che prima o poi qualcosa si porterà a casa. Gli abusi di Ischia, gli scempi siciliani, qualche ecomostro, le speculazioni sul litorale, le mansarde trasformate in case, le cantine che diventano miniappartamenti… L’importante è provarci, confidando nella confusione del momento, nella distrazione generale, magari nella complicità sotterranea di qualche presunto avversario politico. Adesso è la volta, pare, di certi immobili in una regione come la Campania nella quale l’abusivismo non è esattamente sconosciuto: alberghi, dicono i meglio informati, che proprio tutte le carte in regola non devono averle.
E magari, sempre se ci scappa, pure qualcosina d’altro. Che non fa mai male.
Ecco allora che sull’ultimo treno in transito prima delle elezioni, quello della legge di stabilità nella legislatura in procinto di spirare, arriva un emendamento che estende il condono edilizio del 1994 agli immobili diversi dalle abitazioni private. Lo sottoscrivono, tetragoni, tutti i 14 componenti del gruppo parlamentare che fa capo a Verdini. Nell’elenco dei firmatari, capeggiato dall’onorevole di Agerola (Napoli) Antonio Milo, non poteva quindi mancare lo stesso Falanga. Per far passare il provvedimento nel quale si certificava l’esistenza dell’abusivismo di necessità spedendo con una furbizia le civili abitazioni in fondo alla lista degli abusi da abbattere, lui si era dannato l’anima. Invano. E ora è di nuovo in campo per una riscossa dal sapore vintage che avvolge questo finale di partita e affonda le radici nel mitico ‘94: anno della discesa in campo di Berlusconi, che adesso ritorna con le medesime parole d’ordine.
Facendo tirare un respiro di sollievo al partito dei condoni che nella lunga epoca del Cavaliere ha potuto sperimentare autentici momenti di gloria.
Due sanatorie edilizie, altrettanti condoni fiscali tombali, alcuni scudi per il rientro dei capitali all’estero e una pioggia di altre piccole perdonanze. Un trionfo.
Ma non per il bilancio pubblico, visto che i condoni edilizi sono costati ai contribuenti molti più soldi di quelli che abbia incamerato l’erario: perché a fronte dei 15 miliardi incassati (dal 1985) lo stato ha speso 45 miliardi per mettere in regola le aree devastate dagli abusivi. Un dettaglio che il partito dei condoni omette sempre di ricordare.