sabato 25 novembre 2017

Repubblica 25.11.17
Stop alla violenza
Voci di donne che scelgono di dire basta
Ascoltarle trasmette coraggio. E una certezza: cambiare si può. A patto di non lasciarle sole
di Alessandra Longo

Bisogna entrare piano nelle storie delle donne. In punta di piedi e con rispetto perche ogni vissuto di sofferenza è una storia a sé. E ogni reazione è individuale e va rispettata: che sia rabbia, paura, rassegnazione, persino sottomissione. Di uguale c’è solo la violenza maschile che ha un unico scopo: il controllo di quella che si crede una proprietà, l’annientamento della compagna di vita che non si lascia domare come una cavalla, che difende i figli come una tigre, che ama la vita e magari pianifica, o solo pensa, che non ne può più di quel maschio dalle reazioni animali ( ma è far torto agli animali).
Reagire si può. Lo dimostrano le storie che pubblichiamo. Lo dimostra il coraggio di Lucia Annibali che addirittura, dopo la tragedia che ha vissuto, riesce a pronunciare la parola «speranza». Lo dimostra la forza di Gessica che era bellissima, e stringe il cuore vederla oggi così. Lei non la dà vinta al suo carnefice e mostra la sua faccia com’è. E nel farlo butta fuori rabbia e disperazione e le incanala in qualcosa di vitale, di sano, qualcosa che abbia un orizzonte per lei e altre vittime come lei.
Sì, ci può essere vita dopo le botte, le umiliazioni, la carne ferita. Ci può e ci deve essere.
L’insegnamento che viene da queste donne è che bisogna tirar fuori la rabbia, rispondere colpo su colpo, denunciare, mettere alla berlina i violenti. Non è facile, giocano i condizionamenti socioculturali, gioca la paura di essere uccise, il timore di turbare i figli (che peraltro bevono lo stesso la violenza), la vergogna di passare per sconfitte, l’ingenuità di chi crede che «lui cambierà, resisto ancora un po’». No, questi criminali non cambiano e non picchiano e uccidono per troppo amore. È un’altra leggenda metropolitana da sfatare.
Ma non è tutto come prima, qualcosa sta cambiando e le donne che soffrono in silenzio si devono fare forza e devono spezzare le loro catene di sofferenza. Nessuno può farlo meglio di loro. Sappiano che è questa la strada per uscire dall’incubo e vivere con pienezza la propria vita dando un esempio positivo ai figli.
Rassegnarsi, tenersi tutto dentro, non porta da nessuna parte se non a protrarre nel tempo il dolore e la prigionia.
Dice Bo, l’economista: «Il mio errore? Aver aspettato troppo a lungo». Olga ha finalmente urlato in un libro la sua indignazione: «Toglimi le mani di dosso».
Rialzatevi, provateci. Se vi umilia, vi picchia, vi ricatta, reagite, credete in voi e in noi.
Oggi scenderanno in piazza le donne di “Non una di meno”, oggi la Camera vi renderà omaggio. Certo, poi ognuno deve fare la sua parte, lo Stato in primis rafforzando le tutele e punendo i carnefici. E la società che non deve mai fregarsene.