domenica 12 novembre 2017

internazionale 11.11.2017
Asia e Pacifico 
Pechino colpisce le aziende nordcoreane
La Cina ha cominciato ad applicare le misure approvate dal Consiglio di sicurezza dell’Onu dopo l’ultimo test nucleare di Pyongyang. Ma le vie per aggirarle non mancano
di Yu Bokun, Caixin, Cina

Quando alla fine di agosto il merluzzo giallo dell’Alaska, “il pesce nazionale della penisola coreana”, ha cominciato a sparire dai menu dei ristoranti nordcoreani di Pechino, è stato il segno che le sanzioni commerciali della Cina contro Pyongyang erano entrate in vigore. Nel frattempo Pechino ha ordinato a tutte le imprese nordcoreane di interrompere le loro attività entro metà gennaio e ora alcuni di quei ristoranti stanno per chiudere. Questo è il sesto, e più severo, pacchetto di sanzioni tra quelli decisi dall’aprile 2016 in risposta ai ripetuti test nucleari di Pyongyang. “Quando fra tre mesi il locale chiuderà, tutto il nostro personale sarà rimandato in Corea del Nord”, dice una cameriera dell’Unban, un famoso ristorante vicino alla grande ambasciata nordcoreana nel centro di Pechino. La cameriera si chiama Jin Runzheng, come si legge sul cartellino che ha appuntato sul petto. Sta mescolando una scodella di naengmyeon, un piatto a base di spaghetti in brodo piccante ghiacciato con fette di cetriolo e pera coreana, striscioline di rafano sottaceto e anguilla d’acqua dolce. Jin fa parte di un gruppo di nordcoreani mandati dal regime a lavorare all’estero. Ha 19 anni ed è arrivata a Pechino sette mesi fa, subito dopo il diploma. Altri dipendenti hanno una laurea breve. Non si sa esattamente quanti nordcoreani lavorino in Cina ma, oltre al personale dei ristoranti, ce ne sono altri impiegati come animatori, minatori o programmatori. Il 28 settembre il ministro del commercio cinese ha annunciato che le imprese nordcoreane, i nordcoreani che vivono in Cina e le società associate con imprese nordcoreane avevano 120 giorni per chiudere. Il conto alla rovescia è cominciato l’11 settembre, quando il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato una nuova serie di sanzioni contro Pyongyang. Ma alcune società in cui l’azionista di maggioranza è cinese sostengono che le sanzioni non le riguarderanno. Il Chilbosan hotel nel centro di Shenyang, nella provincia di Liaoning, appartiene a una di queste società. La Qi Baoshan Hotel di Shenyang è in comproprietà tra la Korean Landscape Economic Exchange e la cinese Dandong Hongxiang Industrial Development, che è la principale azionista. Non esistono dati da cui risulti la registrazione della consociata nordcoreana, ma l’unica altra attività del Chilbosan, un albergo a quattro stelle, è in Corea del Nord. E un dipendente dell’hotel, che chiede di restare anonimo, dice che la società “non ha in progetto di chiudere”. Anche lo Haedanghwa, un ristorante di Pechino con personale nordcoreano, intende rimanere aperto dopo la scadenza di gennaio. “Non saremo costretti a chiudere, perché il nostro proprietario è cinese”, dice una cameriera con un nome cinese, Zhao Xiuxiang. Zhao, 23 anni, ci racconta di essere stata mandata lì dal governo di Pyongyang dopo la laurea in amministrazione aziendale. “Sono qui da due anni e mezzo e tornerò a casa l’anno prossimo, alla scadenza del mio contratto di tre anni”, dice. Zhao parla cinese con l’accento coreano e dice di averlo imparato dopo essere arrivata a Pechino. Nonostante le parole dure del ministro, Pechino cercherà di essere “più flessibile” nell’applicazione delle sanzioni, dice Zhao Tong, un ricercatore che si occupa di questioni nucleari al Carnegie-Tsinghua center for global policy. I lavoratori nordcoreani immigrati “non saranno cacciati via, ma non ne saranno reclutati altri”, spiega. “La Cina ha sottoscritto tutte le sanzioni approvate dal Consiglio di sicurezza dell’Onu l’11 settembre, ma se ci sono delle clausole che possono essere interpretate in modo elastico, non le applicherà alla lettera”, aggiunge. “Fondamentalmente la Cina non è d’accordo con l’uso delle sanzioni contro la Corea del Nord, perché potrebbero provocare ritorsioni”. Le organizzazioni non governative sono però esenti dalle sanzioni. Questo lascia un po’ di libertà di manovra alle società come la Beijing yua Mansudae culture Co., che nel distretto artistico 798 di Pechino gestisce la galleria d’arte dove sono esposte le opere di pittori e scultori nordcoreani. “Le sanzioni non influiscono direttamente sulle istituzioni civili, e la nostra galleria rimarrà aperta”, spiega il suo presidente Ji Zhengstai, che non entra nei dettagli riguardo al fatto che l’attività della galleria è senza scopo di lucro. Il sito della Mansudae art studio gallery di Pechino afferma che è collegata al Mansudae art studio di Pyongyang e che è uno dei pochi luoghi turistici approvati dalla Corea del Nord fuori dal paese. L’arte nordcoreana è nota per la meticolosa attenzione ai dettagli e per il suo crudo realismo. Un quadro largo quattro metri intitolato La costruzione delle centrali elettriche salta subito agli occhi quando si entra nella galleria. I suoi colori vividi– la bandiera rossa, lo smog grigio, i berretti gialli e le diverse sfumature di azzurro delle camicie degli operai – restituiscono un’atmosfera di allegro cameratismo. Un’altra opera, Montagne a primavera, mostra due donne di un commando su una montagna coperta di neve. L’unico dipendente si rifiuta di dire quanto costano i quadri. Il sito ufficiale della galleria afferma: “Tutte le opere che appaiono in questo sito sono in vendita. Appartengono a una società italiana e sono state acquistate prima dell’entrata in vigore delle sanzioni dell’Onu”. E aggiunge: “Il loro prezzo di solito è alto perché sono destinate soprattutto ai collezionisti cinesi che hanno più familiarità con gli artisti della Mansudae”. Non è chiaro quali canali saranno usati per trasferire il denaro in Corea del Nord, dato che la banca centrale cinese ha dato ordine agli istituti del paese di interrompere le operazioni finanziarie per conto di Pyongyang. Secondo il sito web, “tutte le transazioni avvengono con una società italiana, non direttamente con il Mansudae art studio né con alcuna azienda nordcoreana. Sono regolate dalle leggi europee e la spedizione parte dall’Italia”. Quando gli chiediamo se c’è qualche collegamento tra la “società italiana” senza nome e la galleria di Pechino, Ji non risponde. La galleria d’arte potrebbe essere nella lista sempre più corta di partner commerciali stranieri di Pyongyang. Il 13 ottobre il portavoce dell’Amministrazione generale delle dogane cinesi ha dichiarato che a settembre le importazioni dalla Corea del Nord erano diminuite per il settimo mese consecutivo, scendendo del 37,9 per cento rispetto all’anno precedente. Il declino delle importazioni registrato a settembre, dopo che in agosto erano calate solo dell’1 per cento, è dovuto al divieto di importare prodotti ittici, minerari e tessili nordcoreani introdotto il 15 agosto. “Enormi quantità di pesce venivano importate dalla Corea del Nord attraverso Hunchun, una città della provincia di Jilin”, spiega un professore dell’università Tsinghua di Pechino specializzato nelle relazioni tra i due paesi. Hunchun è il più vicino punto di accesso della Cina al mar del Giappone. “Dalla fine di agosto tutti i prodotti ittici sono rimasti a marcire nel porto”, dice. “Il divieto ha colpito anche le maggiori società di logistica di Dandong (la principale città al confine tra Cina e Corea del Nord), e molti esportatori di pesce nordcoreani hanno chiuso i loro uffici”, dice il professore, che chiede di mantenere l’anonimato. “In passato quattro o cinque navi trasportavano i prodotti ittici ogni settimana, ma dopo l’entrata in vigore delle sanzioni non sono più potute entrare nel porto”. Per le società cinesi, aggiunge, sarà difficile recuperare i soldi investiti per costruire le celle frigorifere e gli impianti di lavorazione del pesce in Corea del Nord. Le sanzioni influiranno sull’approvvigionamento di pesce delle città cinesi vicine al confine, ma il loro impatto si farà sentire soprattutto oltre il confine. “Il primo pacchetto di sanzioni sul carbone ha eliminato la più importante fonte di scambi commerciali di Pyongyang e sta costando al paese circa due miliardi di dollari all’anno”, dice Zhao. “I divieti successivi sulle importazioni di minerali e pesce taglieranno l’afflusso di valuta estera di un altro miliardo”, calcola. “Quando poi entreranno in vigore le restrizioni sui lavoratori immigrati, l’afflusso in Corea del Nord potrebbe ridursi di altre centinaia di milioni all’anno”. Ma l’economia nordcoreana ha trovato il modo per sopravvivere nonostante i tentativi di restringere questi canali. “Il paese ha sviluppato un suo settore agricolo e manifatturiero, e la sua resistenza alle sanzioni si è gradualmente rafforzata”, dice Zhao. “Ha anche trovato dei modi per evitare alcune sanzioni, compreso l’uso di parti terze, compagnie di facciata, contrabbando e mercato nero”. 
Tattiche di sopravvivenza 

Non ci sono dati precisi sull’entità del contrabbando tra Cina e Corea del Nord. “Quello del contrabbando è un segreto di Pulcinella, ci sono sempre persone che attraversano il confine, e ci sarà sempre una zona grigia, con o senza le sanzioni”, dice il professore della Tsinghua. “Alcuni cinesi che operavano legalmente sono passati al contrabbando perché le loro aziende sono state costrette a chiudere”, dice Lü Chao, un ricercatore dell’Accademia di scienze sociali del Liaoning. Il poroso confine tra i due paesi è lungo 1.350 chilometri, poco più della distanza tra Berlino e San Pietroburgo. È segnato da ovest a est dal fiume yalu, dal monte Paektu e dal fiume Tumen. Secondo un rapporto Bloomberg del 15 settembre “gli abitanti usano ancora barche, automobili, camion e diverse linee ferroviarie per trasportare gasolio, bachi da seta e cellulari da una parte all’altra dello yalu”. “A parte il carburante, la merce che in passato veniva importata di contrabbando dalla Corea del Nord era soprattutto la droga, come la metanfetamina”, dice Lü. “La maggior parte dei contrabbandieri cinesi agisce individualmente, mentre in Corea del Nord è possibile che lo stato li incoraggi e chiuda un occhio, anche se non lo ammetterà mai”. Gli esperti temono che se la Cina continuerà a cercare di frenare le ambizioni nucleari di Pyongyang con le sanzioni, le attività illegali di questo tipo si moltiplicheranno. ubt