il manifesto 3.10.17
La sicurezza a Gaza è il nodo della riconciliazione tra Anp e Hamas
Palestinesi.
Il premier Rami Hamdallah ha fatto ritorno ieri nella Striscia dopo
quasi tre anni. Anp e Hamas sono più vicini ma è ancora da sciogliere il
nodo del futuro di "Ezzedin al Qassam" la potente milizia del movimento
islamico
di Michele Giorgio
Khaled Fawzi, capo
dell’intelligence egiziana, ieri ha incontrato il presidente dell’Anp
Abu Mazen prima di andare nella Striscia di Gaza e di partecipare al
processo di riconciliazione in atto tra il movimento islamico Hamas e
l’Anp a Ramallah. Non sorprende l’arrivo di Fawzi. Perché la
ricomposizione di questa frattura che dura da oltre dieci anni, passa
per un accordo sulla sicurezza e il ruolo degli apparati militari
palestinesi. Non certo per il ritorno ieri a Gaza del premier dell’Anp
Rami Hamdallah alla testa di una delegazione di 120 persone. «Senza
l’unità geografica tra Gaza e Cisgiordania non ci potrà essere uno Stato
palestinese» ha detto Hamdallah al suo arrivo a Gaza, aggiungendo che
«il primo obiettivo del governo di riconciliazione nazionale sarà quello
di alleviare le sofferenze della popolazione palestinese». Il premier
però sa bene che la riunione del suo governo oggi a Gaza resterà
simbolica se non ci sarà un’intesa su chi gestirà la sicurezza nella
Striscia e sul ruolo delle Brigate “Ezzedin al Qassam”, il braccio
militare di Hamas. Senza un accordo su quei punti, Gaza sarà di nuovo
sotto l’autorità del “Comitato di amministrazione” creato dal movimento
islamista a inizio anno e dissolto nei giorni scorsi in accoglimento di
una delle richieste presentate da Abu Mazen.
Più di quello di
Hamdallah è fondamentale il ritorno a Gaza di Majdi Faraj, il potente
capo dell’intelligence dell’Anp. Faraj ieri sera doveva incontrare, alla
presenza di Khaled Fawzi, il capo di Hamas a Gaza Yahya Sinwar che,
prima di essere un leader politico, è uno dei fondatori e comandanti
militari di “Ezzedin al Qassam”. Un faccia a faccia decisivo per
discutere non dei 40mila “dipendenti pubblici” di Hamas a Gaza che Abu
Mazen non intende assorbire nell’Anp – alla fine una via d’uscita si
troverà se l’obiettivo è la riconciliazione – ma capire quale dovrà
essere il futuro del braccio armato del movimento islamista. L’Anp in
passato ha chiesto più volte lo scioglimento di questa milizia – ben
armata ed addestrata – ma è chiaro a tutti che ciò non avverrà mai, come
ha perentoriamente ribadito qualche giorno fa Musa Abu Marzouq, numero
due dell’ufficio politico di Hamas.
Tra le ipotesi che sono
circolate in questi giorni c’è il riconoscimento di “Ezzedin al Qassam”
come una sorta di “guardia scelta” a difesa di Gaza, assorbita nella
struttura di sicurezza dell’Anp ma agli ordini dei leader di Hamas e non
di Abu Mazen. Una soluzione difficile da digerire per il presidente
palestinese che però in cambio otterrebbe l’estensione della sua
autorità su Gaza e il dispiegamento lungo il confine tra la Striscia e
il Sinai egiziano della sua guardia presidenziale. Dovesse accettare
questo compromesso Abu Mazen guadagnerebbe anche il sostegno dei leader
di Hamas alla creazione di uno Stato palestinese in Cisgiordania, Gaza e
Gerusalemme Est accanto a Israele come peraltro prevede lo Statuto del
movimento islamico approvato prima dell’estate.