il manifesto 1.10.17
«Con il ricorso contro la Statuto catalano il Pp ha ucciso la costituzione»
Sul
fronte del Sì - intervista al ministro del govern Puigdemont, Toni
Comín. «Non abbiamo commesso illegalità; il governo centrale sì, con la
sua repressione che ha fatto saltare lo stato di diritto. Noi abbiamo
solo tradotto la volontà cittadina in un processo istituzionale»
Barcellona, manifestazione per l'indipendenza; sotto il ministro catalano Toni Comín
di Luca Tancredi Barone
BARCELLONA
Si definisce «orfano politico del Pci», «l’unico ministro comunista»,
catalanista e indipendentista. Per il conseller (o ministro) della
sanità Toni Comín, di Esquerra Republicana, il Tribunale costituzionale
(Tc) è illegittimo e non è vero che la sua maggioranza parlamentare ha
schiacciato i diritti dell’opposizione. Dichiaratamente omosessuale, con
figlia, difende con orgoglio le politiche sociali e Lgbt-friendly del
suo mandato.
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Che cosa si sta celebrando esattamente oggi?
Un
referendum, come previsto dalla legge approvata dal Parlament catalano,
con tutti gli ostacoli e le difficoltà logistiche che ci sta mettendo
il governo spagnolo. Noi lavoriamo per superarli perché abbiamo
l’obbligo di compiere la legge.
Secondo il Tribunale costituzionale questo referendum e la legge che lo istituisce sono illegali.
Le
argomentazioni del Tc sono inconsistenti. Primo, perché il diritto di
autodeterminazione è un diritto naturale dei popoli, accettato dal
diritto internazionale, che prevale sugli ordinamenti costituzionali.
Secondo,
perché nel 2010 il Pp ha fatto saltare per aria il patto costituzionale
del 1978. Con il ricorso contro la Statuto catalano, hanno barato,
hanno ucciso la costituzione.
Più che altre istituzioni, il Tc
deve la propria legittimità a quello che fa: si chiama legittimità
d’esercizio. Qui in Catalogna non ce l’ha più. È come un arbitro che
indossa la maglietta di una squadra, non fischia i falli, e ne commette
anche lui. In questi casi, devi uscire dal campo. Come ha fatto la
Catalogna.
Un argomento insidioso.
Il problema della
sentenza non è il suo contenuto. Nel patto costituzionale si dice che
l’ultima parola sullo statuto ce l’ha il popolo catalano. Gli riconosce
una sovranità maggiore di quella del Congresso (da cui era stato
approvato lo statuto dopo l’ok del Parlament catalano, ndr). Nel 2006 i
catalani l’hanno votato in un referendum (con una partecipazione del
49%, ndr). Il ricorso del Pp ha fatto saltare tutto.
Voi del governo comparate spesso questo referendum a quelli scozzese e del Quebec.
Anche
il Regno Unito e il Canada avevano testi scritti che se letti con
occhio legalista e autoritario non avrebbero permesso un referendum. Il
Regno Unito ha un Trattato dell’Unione, che unisce Inghilterra e Scozia,
che all’articolo uno dice «forever after», cioè nei secoli dei secoli.
Proprio come «l’indissolubile unità» della Costituzione spagnola. Loro
hanno capito che in uno scontro dove si chiede una cosa che formalmente
non figura in costituzione ci sono solo due opzioni: o negoziare un
referendum, o la repressione. Noi non abbiamo commesso illegalità; il
governo centrale sì, con la sua repressione che ha fatto saltare lo
stato di diritto.
Non mi pare voi siate impeccabili. Le due leggi
annullate dal Tc sono state approvate in un giorno fra le proteste
dell’opposizione.
Purtroppo in democrazia a volte c’è uno scontro
fra diritti diversi. In questo caso lo scontro, provocato
dall’opposizione, era fra il diritto all’autodeterminazione e il diritto
dell’opposizione ad appellarsi al Consiglio di garanzia statutaria. Per
dare loro questo diritto non avremmo potuto convocare il referendum.
Abbiamo scelto di far prevalere il diritto dei cittadini catalani.
Avreste
avuto più tempo presentando la legge prima. Che legittimità ha una
legge chiave votata a maggioranza semplice quando per qualsiasi modifica
dello statuto ci vogliono i 2/3?
Abbiamo cercato durante tutta la
legislatura vie per fare questo dibattito nelle condizioni ideali. Ce
l’ha impedito l’opposizione. Il regolamento permette di poter approvare
una legge anche senza passare per il Consiglio di garanzia.
Secondo la vostra legge, entro 48 ore dovrete dichiarare l’indipendenza, dato che bastano più Sì che No per fare questo passo.
Dovremo
vedere com’è andata la giornata elettorale. Finché non sapremo com’è
andato lo scontro con il governo centrale, non sapremo qual è il nostro
mandato. E no, non le do numeri, pronostici, soglie. Risponderò lunedì.
Non avete paura di aver illuso molte persone per niente?
No,
perché in questo processo le istituzioni sono andate dietro alla gente,
alle mobilitazioni della società civile. Noi abbiamo solo tradotto la
volontà cittadina in un processo istituzionale.
Barcellona sta combattendo per ottenere la sede dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco. Non è contraddittorio?
Per
i nostri obiettivi come governo no. Noi vogliamo che la Catalogna sia
una repubblica indipendente, vogliamo che formi parte della Ue e che
l’Ema abbia la miglior sede possibile, che per noi è Barcellona.
Alcuni pensano che una Catalogna autonoma dovrebbe uscire dalla Ue.
Se
Barcellona è la migliore candidata lo è non perché fa parte del Regno
di Spagna. Tutto indica che a medio termine la Catalogna sarà parte
della Ue. Non entro nel dettaglio tecnico se dovremmo prima uscire e poi
rientrare o potremmo rimanere dentro la Ue: in ogni caso il destino
naturale della Catalogna è dentro la Unione.