Il Fatto 7.10.17
O come odio: la sinistra che si divide dalla A alla Z
Frazionismo
- Dal marxismo-dalemismo all’insostenibile leggerezza di Pisapia.
Aspettando il Godot del Senato, cioè Grasso futuro leader
di Fabrizio d’Esposito
Forse
l’interminabile soap opera Pallas, protagonista Giuliano Pisapia, è
giunta all’epilogo l’altra sera in un dibattito a Ravenna. Il paziente
Bersani gli ha dato un mese e mezzo per decidere (ancora!) e l’ex
sindaco di Milano ha replicato di preferire la poligamia in politica.
Fedele alla sinistra antirenziana ma anche a Renzi stesso. Impossibile.
Questo è il dizionario per orientarsi nelle prossime puntate.
Antirenzismo.
È il sacro discrimine di tutta la battaglia in corso. A differenza di
Pisapia e dei pisapiani, Articolo 1 e gli altri cespugli di sinistra
considerano impensabile allearsi con il Pd, almeno finché c’è Renzi.
Bersani.
Le sue truppe formano la macchina della Ditta superstite di Articolo
1-Mdp. Bersani è il leader ideale di una lista unitaria di sinistra ma
si è riservato questa opzione come extrema ratio. E adesso che forse è
cominciato il post-Pisapia, si spera in Pietro Grasso (vedi alla voce G)
Campo
Progressista. È l’epico nome del raggruppamento messo su da Pisapia,
alquanto eterogeneo e di una leggerezza insostenibile. Ci sono notabili
dc del sud (tipo Sanza e Pisacane), l’immarcescibile Tabacci, un po’ di
ceto politico dell’ex Sel (Ferrara e Furfaro), il prodiano Gad Lerner.
D’Alema.
È il “cattivo” accusato in ogni occasione dai “buoni” di Campo
Progressista. L’ex premier non ha però ruoli operativi ed elabora il
ritorno della sinistra alle sue origini. È il marxismo-dalemismo.
Entrismo.
Gli entristi al tempo del Pd renziano sono gli ex berlusconiani
Angelino Alfano e Denis Verdini: sono loro che da dentro la maggioranza
di governo hanno contribuito alla mutazione genetica dei democratici.
Senza dimenticare l’inclinazione passata al “renzusconismo” del patto
del Nazareno.
Frazioni. A sinistra del Pd, oltre ad Articolo 1, ci
sono Sinistra Italiana di Fratoianni, Possibile di Civati, i “civici”
di Montanari e Falcone, Rifondazione comunista.
Grasso. Il
presidente del Senato ha ricevuto un’investitura sul campo (con la
minuscola) alla festa nazionale di Articolo 1: per lui solo ovazioni e
applausi. Le autorevoli voci di dentro della Ditta riferiscono: “Con lui
abbiamo già parlato ed è d’accordo, bisogna solo aspettare la fine
della legislatura, Grasso è la seconda carica dello Stato e non può
esporsi subito”. È lui il volto del post-Pisapia?
Hasta la sconfitta siempre.
Ideologia.
Dopo l’infausto ventennio breve del blairismo, la sinistra antirenziana
riscopre le seguenti parole: sfruttamento, diseguaglianza,
redistribuzione della ricchezza, Stato sociale. Adesso i riferimenti
sono il francese Mélenchon, il britannico Corbyn, la teutonica Linke.
Liberismo. Il nuovo male assoluto, sempre a sinistra di Renzi.
Massimalisti.
Da sempre contrapposti ai riformisti. È la sinistra radicale.
Nell’arcipelago alternativo al Pd ci sono due tendenze: c’è chi propugna
una Cosa Rossa e chi un nuovo centrosinistra ulivista.
Napolitano.
L’emerito Giorgio, al Quirinale per nove anni, è l’ispiratore della
strategia antirenziana all’interno del Pd, considerata da molti, in
particolare da D’Alema, come perdente. In pratica, Orlando e
Franceschini aspettano la sconfitta alle regionali siciliane del 5
novembre per la congiura contro il segretario. Dentro Articolo 1 nutrono
però pochissime speranze di successo: “Sarà Renzi a gestire le elezioni
politiche”.
Odio. È la categoria più gettonata nelle cronache di questa soap opera. Per la serie: Renzi odia D’Alema e D’Alema odia Renzi.
Prodi.
Il Professore già Premier è l’ingombrante spettro che aleggia sulla
trincea divisa del centrosinistra. Munito di una tenda mobilissima, ciò
gli consente di coltivare il dono dell’ubiquità se non della
bilocazione. Ieri al telefono con Renzi, l’altro giorno a ragionare con
Enrico Letta e Napolitano su un centrosinistra diverso con a capo
Gentiloni. I suoi veri pensieri sono un enigma.
Quorum. Le fortune
della nuova sinistra dipenderanno anche dalla nuova legge elettorale,
se mai ci sarà, e dalle soglie di sbarramento. Il fatidico quorum. Ad
Articolo 1 il Rosatellum non piace ed è per questo che già c’è stato
l’annuncio, a mo’ di minaccia per il Pd, che i demoprogressisti
presenteranno candidati propri in tutti i collegi.
Renzi. A ben
vedere i suoi avversari sono ovunque, dentro e fuori il Pd. È il tappo
che non salta, a differenza del Fanfani che perse il referendum sul
divorzio nel 1974. Ha trasformato il Pd in un partito liberista e amico
dei ricchi, per citare la Ditta, e vuole resistere fino alle elezioni
politiche.
Speranza. È Roberto, giovane virgulto demoprogressista, prediletto di Bersani ma da sempre attento ascoltatore di D’Alema.
Tabacci.
Ha fondato il Centro democratico ed è un pilastro di Campo
Progressista. Di più. Il democristiano Bruno Tabacci è il supremo
custode del pisapiismo e lo difende dalle incursioni del fuoco amico di
Articolo 1. Quando Pisapia ondeggia più del solito e gli altri
s’incazzano, tocca a Tabacci ristabilire l’ortodossia del pisapiismo,
fenomeno dai contenuti ignoti.
Ulivismo. Sinonimo di
“centrosinistra più largo”. Le formule sono varie ma sembra impossibile
realizzarlo con Renzi segretario e candidato premier allo stesso tempo.
Per la serie: un altro Pd è possibile con Gentiloni o Delrio, persino
con Minniti. A quel punto le carte si mescolerebbero un’altra volta. Non
solo. Comincia a prendere quota, sia nel Pd sia nella sinistra,
l’ipotesi di un “governo del presidente” dopo le elezioni, in mancanza
di vincitori.
Veltroni. Festeggerà i dieci anni del Pd il prossimo
14 ottobre, una cerimonia a metà tra le esequie e una prima comunione,
insieme con Renzi e Gentiloni. All’uopo gli è stata finanche concessa
una stanza al Nazareno, dove è ubicata la sede nazionale del Pd a Roma.
Con Veltroni redivivo il quadro è completo. Non manca nessuno in questa
battaglia campale: Napolitano, Bersani, D’Alema.
Zdanovismo.
D’Alema accusa Renzi di avere dalla sua parte “una propaganda da stampa
di regime”. E lo Zdanov – ideologo dello stalinismo – più autorevole
schierato con il segretario del Pd sarebbe il gruppo editoriale di
Stampa e Repubblica, con la benedizione di De Benedetti e degli Agnelli.