Corriere 6.10.17
Un solo blocco di conservatori ed estremisti
di Paolo Valentino
Nella
notte del trionfo di Sebastian Kurz, è il leader dell’estrema destra
Heinz-Christian Strache a riassumere la morale delle elezioni viennesi:
«Una cosa è chiara — ha detto il capo della Fpö — il 60 per cento degli
austriaci ha votato per il nostro programma».
Nel cuore
dell’Europa c’è un Paese ricco, piccolo ma significativo per storia,
cultura e tradizione, dove 6 cittadini su 10 si sono lasciati sedurre da
una proposta politica concentrata esclusivamente sul no
all’immigrazione, la lotta alla minaccia islamica, la tolleranza zero
verso i rifugiati. È un segnale piuttosto robusto di come in Europa le
linee divisorie tra forze conservatrici e forze di estrema destra si
stiano assottigliando, con i partiti moderati pronti a sposare la linea
dura su migranti, Islam e sicurezza interna. Dopo quella drammatica
subita in Germania dalla Spd, la sconfitta della socialdemocrazia
austriaca, non devastante nei numeri ma storica ponendo fine a 41 anni
di potere su 50, è l’altra faccia di una mutazione che sta già cambiando
radicalmente il paesaggio politico europeo. Ovunque in crisi, le forze
di centro-sinistra appaiono sempre più bisognose d’autore, se vogliono
fermare un declino lento ma in apparenza inarrestabile. Giovane,
aitante, elegante, un po’ cyborg nella sua perfezione, Sebastian Kurz è
il fatto nuovo, il tratto originale del laboratorio asburgico. È stato
paragonato a Emmanuel Macron, ma non ha creato una «cosa» ab ovo come il
presidente francese, scegliendo invece di conquistare un partito
tradizionale e farne lo strumento della propria ascesa. Per non parlare
del fatto che, ancorché vago come spesso accade ai leader carismatici,
Macron la bandiera europea l’ha presa e l’ha difesa durante e dopo la
campagna elettorale. Nulla di tutto questo nel caso di Kurz. Il fatto
che il partito navetta sia la Övp può suonare rassicurante. Ma a parte
l’operazione di riverniciatura dal nero al turchese e la
personalizzazione, le cose dette da Kurz in campagna elettorale lo
accostano piuttosto a Viktor Orbán che non ad Angela Merkel. Anzi, è
proprio contro la signora di Berlino che Kurz ha costruito la propria
reputazione, prima battendosi per chiudere ai migranti la rotta
balcanica, poi spingendo per la fine dei negoziati d’adesione con la
Turchia. Certo al giovane leader e cancelliere in pectore bisogna
concedere il beneficio del dubbio e chiedersi se non abbia fatto bene a
occupare lo spazio politico alla sua destra, rubando di fatto l’agenda
di Strache, che ancora a gennaio era in testa a tutti i sondaggi.
L’opposto di quanto ha fatto la Cdu in Germania.
L’obiezione in
questo caso è che la Fpö non è stata ridimensionata, ma è cresciuta. Di
più, come ha osservato lo stesso Strache, è stata del tutto sdoganata:
«Siamo arrivati nel centro della società austriaca». Un grande balzo per
il partito che fu di Jörg Haider, spauracchio dell’Europa all’inizio
del Millennio, e per un leader che in gioventù ha avuto frequentazioni
con ambienti neonazisti. Ora, per i liberal-nazionali di Vienna la
strada del governo è possibile. Riuscirà Sebastian Kurz a farne alleati
presentabili ?