lunedì 16 ottobre 2017

Corriere 6.10.17
Un solo blocco di conservatori ed estremisti
di Paolo Valentino

Nella notte del trionfo di Sebastian Kurz, è il leader dell’estrema destra Heinz-Christian Strache a riassumere la morale delle elezioni viennesi: «Una cosa è chiara — ha detto il capo della Fpö — il 60 per cento degli austriaci ha votato per il nostro programma».
Nel cuore dell’Europa c’è un Paese ricco, piccolo ma significativo per storia, cultura e tradizione, dove 6 cittadini su 10 si sono lasciati sedurre da una proposta politica concentrata esclusivamente sul no all’immigrazione, la lotta alla minaccia islamica, la tolleranza zero verso i rifugiati. È un segnale piuttosto robusto di come in Europa le linee divisorie tra forze conservatrici e forze di estrema destra si stiano assottigliando, con i partiti moderati pronti a sposare la linea dura su migranti, Islam e sicurezza interna. Dopo quella drammatica subita in Germania dalla Spd, la sconfitta della socialdemocrazia austriaca, non devastante nei numeri ma storica ponendo fine a 41 anni di potere su 50, è l’altra faccia di una mutazione che sta già cambiando radicalmente il paesaggio politico europeo. Ovunque in crisi, le forze di centro-sinistra appaiono sempre più bisognose d’autore, se vogliono fermare un declino lento ma in apparenza inarrestabile. Giovane, aitante, elegante, un po’ cyborg nella sua perfezione, Sebastian Kurz è il fatto nuovo, il tratto originale del laboratorio asburgico. È stato paragonato a Emmanuel Macron, ma non ha creato una «cosa» ab ovo come il presidente francese, scegliendo invece di conquistare un partito tradizionale e farne lo strumento della propria ascesa. Per non parlare del fatto che, ancorché vago come spesso accade ai leader carismatici, Macron la bandiera europea l’ha presa e l’ha difesa durante e dopo la campagna elettorale. Nulla di tutto questo nel caso di Kurz. Il fatto che il partito navetta sia la Övp può suonare rassicurante. Ma a parte l’operazione di riverniciatura dal nero al turchese e la personalizzazione, le cose dette da Kurz in campagna elettorale lo accostano piuttosto a Viktor Orbán che non ad Angela Merkel. Anzi, è proprio contro la signora di Berlino che Kurz ha costruito la propria reputazione, prima battendosi per chiudere ai migranti la rotta balcanica, poi spingendo per la fine dei negoziati d’adesione con la Turchia. Certo al giovane leader e cancelliere in pectore bisogna concedere il beneficio del dubbio e chiedersi se non abbia fatto bene a occupare lo spazio politico alla sua destra, rubando di fatto l’agenda di Strache, che ancora a gennaio era in testa a tutti i sondaggi. L’opposto di quanto ha fatto la Cdu in Germania.
L’obiezione in questo caso è che la Fpö non è stata ridimensionata, ma è cresciuta. Di più, come ha osservato lo stesso Strache, è stata del tutto sdoganata: «Siamo arrivati nel centro della società austriaca». Un grande balzo per il partito che fu di Jörg Haider, spauracchio dell’Europa all’inizio del Millennio, e per un leader che in gioventù ha avuto frequentazioni con ambienti neonazisti. Ora, per i liberal-nazionali di Vienna la strada del governo è possibile. Riuscirà Sebastian Kurz a farne alleati presentabili ?