sabato 28 ottobre 2017

Corriere 28.10.17
Un’accelerazione che riavvicina le sinistre Il tweet di Veltroni: speriamo di ritrovarci
di Monica Guerzoni

ROMA Lasciando il gruppo dem di Palazzo Madama, Pietro Grasso ha strappato il sipario delle ipocrisie e rivelato che il re è nudo. Una decisione che costringe l’intero gruppo dirigente del Pd a fare i conti con le scelte di Renzi, rivoluzionando i processi di aggregazione a sinistra.
Dell’ipotesi che la seconda carica dello Stato possa assumere, con i tempi dovuti, la leadership di una forza che sfidi il Pd alle elezioni, si parla ormai apertamente al vertice di Mdp. E non solo. Il dato nuovo è l’evidente accelerazione innescata dalla decisione di Grasso. Come nel gioco del domino, quei leader che aspettavano l’annunciata sconfitta di Renzi in Sicilia sono venuti allo scoperto, mostrando di comprendere le ragioni dell’addio. In poche ore sembra essersi saldato un asse trasversale, da Veltroni a Prodi, che unisce quanti non si riconoscono più nelle mosse del segretario e lavorano a una coalizione modello Ulivo. Per Michele Emiliano «la storia di Grasso è il Pd e se qualcuno mette delle condizioni tali per le quali un uomo così deve andare via», la deriva sarà inevitabile. Andrea Orlando spera «che si riuniscano le strade all’interno di un’alleanza di centrosinistra». Colpisce la sintonia con le parole di un «dispiaciuto» Walter Veltroni: «Il Pd è stato ideato e costruito per persone come lui, speriamo di ritrovarci uniti». Deluso da Renzi per la campagna contro Visco, il fondatore disegna idealmente un centrosinistra unito in grado di includere l’ex magistrato che lottò contro la mafia al fianco di Falcone e Borsellino. Altro segnale che non potrà sfuggire ai fautori dell’unità è la forza con cui il prodiano Franco Monaco, vicino a Giuliano Pisapia, plaude a Grasso e rimprovera a Renzi di «destabilizzare le istituzioni».
Non è un mistero che i vertici di Mdp coltivano la suggestione di affidare a Grasso la leadership. L’idea è quella di una lista più larga del movimento dei fuoriusciti, che includa (almeno) SI e Possibile e apra le porte alla sinistra del Pd e a quanti, come Grasso, pensano che «la misura è colma». Lui ne sarebbe presidente con un ruolo di garanzia, affiancato da un coordinamento politico con dentro Speranza, Civati, Fratoianni e gli altri leader delle forze «federate».
La linea di Mdp, per dirla con Roberto Speranza, è «apprezzamento solenne» senza tirare la giacca alla seconda carica, ma certo il gradimento nei suoi confronti è alto e mette d’accordo sia Bersani che D’Alema. Eppure nell’entourage di Grasso si insiste nel dire che «nulla è scontato» e che il presidente continuerà a svolgere «in modo imparziale» il suo incarico istituzionale, fino al termine della legislatura. Ieri quando l’inviato di Agorà gli ha chiesto se c’è un futuro per lui a sinistra, il presidente ha risposto «domani sono al Senato, questo è il mio futuro». Il che però non vuol dire che l’ex magistrato non sia tentato dalla discesa in campo.
La linea è un passo alla volta, stando attento a non sbagliare i tempi. L’idea di dimettersi da Palazzo Madama non lo ha mai sfiorato e, per «rispetto verso le istituzioni», non lo farà neanche una volta approvata la legge di Stabilità. Ma quel passaggio è l’ultimo argine, dopo il quale la legislatura sarà di fatto finita e il presidente sentirà di avere le mani libere. «Non possiamo aspettare lo scioglimento delle Camere — corre Pippo Civati — Grasso deciderà prima che la legislatura finisca».