martedì 19 settembre 2017

Repubblica 19.9.17
“Uno scandalo non usare l’Anagrafe bancaria”
La Corte del Conti avverte l’Agenzia delle entrate: grave ignorare i dati dopo aver speso 10 milioni
di V. Co.

ROMA. Il governo gongola sul recupero dell’evasione. La Corte dei Conti lo bacchetta. Perché ha per le mani una mole di dati enormi sui conti correnti e i depositi degli italiani - l’Anagrafe dei rapporti finanziari, operativa solo dal 2009, sebbene prevista sin dal 1991, e costata finora 10 milioni di euro ma non li usa come dovrebbe. E cioè per disporre indagini finanziarie mirate. E stanare quanti più evasori possibile. E invece preferisce alzare la soglia per l’uso del contante e introdurre sanatorie e misure una tantum.
I giudici contabili non ci vanno leggeri. Definiscono le mancanze di questo esecutivo e dei precedenti «gravi». Nel mirino finisce l’Agenzia delle entrate, il braccio operativo del governo in materia fiscale. «Deve rilevarsi una grave inadempienza dell’Agenzia che non ha mai elaborato le previste liste selettive né successivamente le analisi del rischio evasione e di conseguenza non ha potuto riferire alle Camere sui risultati nella lotta all’evasione derivante dall’utilizzo dell’Anagrafe dei rapporti finanziari», scrive la Sezione centrale di controllo della Corte nella deliberazione del 26 luglio 2017.
Nel 2011, nel Salva-Italia di Monti, «il legislatore aveva disposto che il direttore dell’Agenzia delle entrate con un suo provvedimento individuasse criteri per elaborare, con procedure centralizzate, specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione ». Ma tali criteri, chiosano i giudici, «non sono stati mai emanati e di conseguenza non è mai stata predisposta alcuna lista selettiva ». Da allora, sembra dire la Corte, nessun governo (ce ne sono stati tre: Letta, Renzi, Gentiloni) si è cimentato a tradurre in pratica i tanti proclami: mai più blitz a Cortina e Capri, nel mirino solo i grandi evasori. Un ritornello speso a più riprese. Ma che, a detta dei controllori contabili, non ha mai concretamente visto la luce.
I «primi timidi tentativi» dell’Agenzia hanno «svuotato la normativa ». Perché, dice la Corte, sono stati usati i «soli dati di identificazione del soggetto» e quelli relativi a «natura, tipologia, apertura, modifica e chiusura del rapporto». Escludendo i dati più succulenti e «pregnanti nella lotta all’evasione », quelli «sulle movimentazioni e i saldi» dei conti. Un modo di procedere «irrazionale e non coerente » con la legge. Così che il risultato in termini di contrasto all’evasione è «di scarsa efficacia». La finanziaria per il 2015 prevedeva l’utilizzo dei dati anche finanziari «per effettuare analisi del rischio di evasione». Ma «a distanza di oltre due anni da tali modifiche e di oltre cinque anni dall’obbligo di effettuare liste selettive», inerzia totale. Zero selezione dei contribuenti a maggior rischio di frodare il fisco. Relazione annuale sui risultati «mai predisposta». Insomma mai fatto «un uso massivo della mole di dati» a disposizione. Dunque Anagrafe «sottoutilizzata». Ed evasione al galoppo.