giovedì 28 settembre 2017

Il Fatto 28.9.17
Consip, il Noe aveva chiesto di interrogare anche Renzi
Il suggerimento dei carabinieri non fu accolto dalla Procura di Roma anche perché il leader si sarebbe potuto rifiutare di rispondere sul padre e sui suoi rapporti con l’imprenditore Romeo
di Vincenzo Iurillo e Valeria Pacelli

Il 28 febbraio 2017, il giorno prima dell’arresto di Alfredo Romeo, il Noe dei carabinieri chiede alla Procura di Roma di interrogare nell’ambito dell’inchiesta Consip Matteo Renzi. La nota viene inviata al pm Mario Palazzi dal maggiore del Noe Giampaolo Scafarto. È l’ufficiale che poi verrà accusato di aver falsificato parti di un’informativa depositata il 9 gennaio ma anche di aver passato notizie relative all’indagine a due marescialli, suoi ex colleghi poi passati all’Aise, i servizi segreti esteri.
Scafarto crede che sia fondamentale fare alcune domande all’ex premier sui rapporti con il padre che in quel momento è già iscritto a Roma per traffico di influenze, insieme a Carlo Russo. Su Tiziano Renzi il Noe aveva già depositato una nota alla Procura di Roma dopo gli interrogatori del 20 dicembre 2016 dell’Ad di Consip Luigi Marroni, sollecitando la perquisizione del padre dell’ex premier.
I pm romani non la disposero. E si trovano in disaccordo anche sull’interrogatorio di Matteo Renzi. La Procura lo riteneva poco utile: estraneo all’indagine, Matteo Renzi si sarebbe potuto avvalere della facoltà di non rispondere per il vincolo di consanguineità. Quando il Noe il 28 febbraio sollecita l’interrogatorio, il fascicolo era passato da Napoli a Roma per competenza, dove Renzi sr. è stato iscritto. Agli atti c’era anche l’interrogatorio come persona informata sui fatti reso il 2 gennaio dall’ex tesoriere del Pd di Napoli, Alfredo Mazzei, che ai pm aveva detto di aver appreso da Romeo di un incontro tra quest’ultimo e Tiziano Renzi in un ristorante di Roma. “Una bettola” poi precisò Mazzei in un’intervista a Repubblica. Per Scafarto è importante anche un altro elemento: la donazione – suggerita da Mazzei – di 60 mila euro della Isvafim, riconducibile a Romeo, alla fondazione Big Bang (ora Open), cassaforte del renzismo, nel 2012. Erano questi, per il Noe, che in quei giorni aveva ancora la delega alle indagini, elementi tali per poter interrogare Matteo Renzi. Che avrebbe potuto chiarire i rapporti del padre con Russo. Certo i tempi non erano ancora maturi. Perchè solo qualche giorno dopo la Procura avrà in mano un’altra carta.
Il 2 marzo, il giorno dopo l’arresto di Romeo (ora tornato libero) e prima dell’interrogatorio a Roma, Tiziano Renzi – intercettato dai pm di Napoli – riceve un telefonata del figlio, pubblicata nel libro di Marco Lillo Di Padre in figlio (Paper First). Quella mattina Repubblica aveva pubblicato l’intervista a Mazzei nella quale parla del presunto incontro Renzi-Romeo. L’ex premier così intimava al padre: “Tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca (…). Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte”. Il padre prima dice no, poi aggiunge che “… quando lui ha fatto il ricevimento al Four Season c’erano una serie di imprenditori ma c’era anche la madre Lalla (Laura Bovoli, madre di Matteo Renzi, ndr) e siamo andati via subito”. E Renzi: “Non dire che c’era mamma altrimenti interrogano anche lei”.
Questa telefonata poteva far sorgere qualche domanda: a quale “verità”, che in passato non sarebbe stata “detta a Luca”, si riferisce Matteo Renzi? Esiste un ricevimento al Four Season? Per i pm romani però non è penalmente rilevante, quindi – neanche dopo averla ricevuta da Napoli – c’era motivo di convocare Matteo Renzi. Il padre Tiziano invece è stato sentito il 3 marzo come indagato, quando ha negato di aver avuto rapporti con Romeo. Nel frattempo, il 4 marzo, la Procura di Roma ha revocato la delega alle indagini al Noe e di lì a poco, il 7 aprile, il maggiore Scafarto riceve l’invito a comparire davanti ai pm romani: è indagato per falso. Da qui il passo al “complotto” gridato a gran voce dai renziani è stato breve.